Politica

I 10 anni del PD, più che una celebrazione è stata una commemorazione

«Con questa legge elettorale, il leader del PD è per statuto candidato premier del PD. Questo punto non lo mettiamo in discussione.»

Quello sopra riportato è il virgolettato di Repubblica associato a una dichiarazione di Matteo Renzi intervistato venerdì 13 ottobre dal direttore del quotidiano Mario Calabresi.

Perché è importante partire da questa dichiarazione per parlare, anche se brevemente, della celebrazione - anche se verrebbe da dire commemorazione - dei 10 anni del PD? Perché durante il suo intervento, sabato 14 ottobre, Matteo Renzi ha dichiarato, riferendosi alle prossime politiche e alla sfida che attende il suo partito: «Non mi interessa chi fa il premier, mi interessa cosa farà il premier.»

Due dichiarazioni a confronto per dimostrare chi sia Matteo Renzi, di che cosa sia capace, quale sia la sua sfrontatezza e quale sia la sua arroganza nel ritenere tutti gli italiani persone distratte o poco intelligenti a cui si possa raccontar di tutto... affermando ieri un concetto ed oggi l'esatto suo contrario.

Ma di che stupirsi? Oggi questo è il partito democratico, un grande contenitore di ipocrisie e falsità che raccoglie un manipolo di persone ingorde di potere e ambizione, oltretutto caratterizzate da una totale mancanza di idee e di capacità.

Un partito che vive e prospera di piccolezze non poteva che celebrare i suoi primi 10 anni in un piccolo teatro come l'Eliseo a Roma, in modo da selezionare accuratamente una platea sicuramente plaudente oppure in modo da evitare gli imbarazzanti posti vuoti di un palazzetto dello sport.


E così questo compleanno si è svolto con una piccola cerimonia di regime a cui ha dato il via uno stanco e sempre più patetico Walter Veltroni, unico sopravvissuto al progetto iniziale di partito, che ha dato il suo contributo - con le solite frasi fatte - per certificare come democratico e doc l'attuale renzismo, che ha invece inquinato il progetto originale di un partito di centrosinistra.

Così Veltroni ha parlato di «di democrazia governante, di nuovi gattopardi di una politica senz'anima, di insopportabili personalismi che dividono...» per criticare gli scissionisti, quelli che, dopo aver ingoiato camionate di rospi e dopo averne fatto indigestione, sono dovuti arrivare alla conclusione che il Partito Democratico che avevano contribuito a creare non esisteva più e non sarebbe più potuto esistere... grazie a Renzi.

Ma Gentiloni non è di questo parere perché lui nell'attuale PD riesce invece a vedere dei valori, tanto da affermare che nell'attuale linea politica del partito «non c'è nessuna confusione tra destra e sinistra». Se questo non è ottimismo, allora lo possiamo chiamare spudorata menzogna. Ma in fondo perché vergognarsi di mentire quando in questi ultimi anni la bugia, o la truffa secondo alcuni, è stata la linea guida del Partito Democratico e del Governo da esso supportato?

Un partito che ha fatto (contro) riforme di cui tutto si può dire, ma non che avessero qualcosa a che vedere con una pur vaga idea di sinistra. Una linea imposta dall'attuale segretario Matteo Renzi che ha non solo cancellato l'identità originale del PD, ma lo ha pure trasformato in un partito a sua esclusiva disposizione, controllandone i gangli con persone di cui lui si può fidare o che, in qualche modo, può controllare.

E così diventa addirittura insopportabile sentir Renzi affermare che «il PD non appartiene a Renzi, ma appartiene al popolo che lo ha creato e non ha nessun leader.»

Ma se anche insopportabile, questa affermazione - come lo erano quelle iniziali - è la perfetta rappresentazione di cosa sia diventato oggi il Partito Democratico.

Autore Fabrizio Marchesan
Categoria Politica
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