Con riferimento alla normativa sopravvenuta, il Consiglio di Stato ha rilevato che il complesso delle disposizioni introdotte dalla l. n. 14 del 2023 determina una nuova proroga automatica e generalizzata delle concessioni balneari, non più funzionale alle (non più) imminenti gare (come previsto dalla originaria versione degli artt. 3 e 4 della l. n. 118 del 2022), ma anzi resa indeterminata e potenzialmente illimitata nella durata dal contestuale divieto di procedere all'emanazione dei bandi di gara posto fino all'adozione dei decreti legislativi di cui all'art. 4 della l. n. 118 del 2022 (adozione non più possibile perché la delega è scaduta il 27 febbraio 2023, solo qualche giorno dopo l'entrata in vigore della l. n. 14 del 2023). Se a ciò si aggiunge che le concessioni mantengono efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori, il quadro che ne deriva è del mantenimento delle attuali concessioni balneari italiane senza termine in contrasto con i più volte richiamati principi dell'Unione, nella costante interpretazione datane dalla Corte di giustizia.
Questo è un passaggio con cui, lo scorso 20 maggio, "dopo le sentenze delle sezioni unite della Cassazione e della Corte di giustizia, il Consiglio di Stato conferma il contrasto con il diritto unionale delle proroghe delle concessioni demaniali marittime e la necessità di avviare le procedure di gara per assegnare le concessioni ormai scadute".
Sono tre le sentenze del Consiglio di Stato che, in sostanza, danno il via libera ai Comuni per bandire delle gare per l'assegnazione delle concessioni balneari scadute al 31 dicembre 2023. Pertanto, niente rinnovo automatico, perlomeno in attesa di una nuova legge che regoli la materia... che finora è stata disattesa dal governo Meloni nonostante il pressing dell'Ue.
Le associazioni dei balneari che in questo governo trovano ampio ascolto si sono fatte sentire e stamani il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha inviato una lettera al presidente Fontana con la richiesta di sollevare presso la Corte costituzionale il conflitto di attribuzione nei confronti del Consiglio di Stato:
"Guardiamo con preoccupazione all'ultima pronuncia del Consiglio di Stato, laddove in più punti essa sembra travalicare i poteri della giustizia amministrativa finendo con l'invadere la sfera legislativa propria del parlamento.In questa ultima pronuncia il Consiglio di Stato torna a ribadire la propria competenza non solo in ordine all''obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie' ma chiarisce altresì che, secondo l'interpretazione sostenuta, tale disapplicazione debba avvenire senza che ciò possa essere condizionato o impedito da interventi del legislatore. Un assunto che riteniamo infondato e che contraddice lo spirito stesso della legislazione di derivazione comunitaria, che prevede che una Direttiva (in questo caso la Bolkestein) venga recepita con specifiche norme di legge.Riteniamo pertanto ineludibile che sia la Corte costituzionale a pronunciarsi circa il corretto esercizio della potestà giurisdizionale. Lo facciamo a difesa di un organo eletto direttamente dal popolo che deve mantenere il diritto di poter esercitare le proprie prerogative, con lo svolgimento delle funzioni ad esso attribuite dalla Costituzione".
In pratica, il governo Meloni continua a non decidere in materia, stavolta col dare la colpa al Consiglio di Stato di volersi sostituire al Parlamento e all'esecutivo, quando Parlamento ed esecutivo si sono palesemente astenuti dall'intervenire venendo meno al loro ruolo, chiedendo che la Consulta intervenga perché la giustizia amministrativa non avrebbe titolo per mettere a gara delle concessioni ormai scadute da mesi.
Con quel scopo? Quello di impedire nuove gare e di mantenere l'attuale status quo, in attesa che la Corte Costituzionale si esprima sulla questione... il che avverrà tra un anno e mezzo, permettendo così che le concessioni scadute siano mantenute fino al 2026.
È questo il buon governo di "Giorgia", quella che fa solo cose giuste... ma solo per alcuni.