L'operato di Minniti sta creando tensioni anche all'interno del Governo. Critici i ministri Orlando e Delrio
«Non possiamo chiedere alle Ong di essere un braccio operativo dello Stato», altrimenti non si chiamerebbero organizzazioni non governative.
L'evidenza della banalità della considerazione del ministro della Giustizia Orlando è il denominatore comune che, come hanno riportato alcune agenzie di stampa tra ieri e oggi, sta alla base di tensioni all'interno della maggioranza di Governo sul codice di condotta elaborato dal ministro dell'Interno Minniti che le ONG che stazionano nel Mediterraneo nelle operazioni di ricerca e soccorso migranti devono firmare, se in futuro vorrano continuare la loro opera. E tale banalità sta a dimostrare anche l'enorme fragilità del codice voluto da Minniti
Alcuni ministri, Orlando e Delrio, hanno rilasciato dichiarazioni che metterebbero in luce l'incongruenza di fondo alla base del codice redatto da Minniti e, per protesta, quest'ultimo ieri non ha partecipato alla riunione del Consiglio dei ministri. L'Ansa ha poi pubblicato una notizia in in cui si riportavano dichiarazioni fatte trapelare come indiscrezioni, senza alcuna ufficialità, in cui il presidente del Consiglio Gentiloni e addirittura quello della Repubblica Mattarella appoggiavano l'operato di Minniti.
È evidente, a questo punto, che Minniti ha elaborato un piano senza consultare, neanche informalmente, gli altri colleghi di Governo decidendo, per forza di cose, una linea politica di approccio al problema che da tutti non poteva essere condivisa... a prescindere.
Sarebbe stato sufficiente per Minniti concordare i principi guida del codice di condotta, sia con il Governo che con le ONG, e stabilire delle procedure anche per quelle operazioni di salvataggio che la Procura di Trapani ha identificato come scorrette, tanto da procedere per il reato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina.
Ma Minniti non ha interesse nel capire le ragioni umanitarie di coloro che operano per salvare la vita di persone che si trovano in situazioni di pericolo in mezzo al mare o preoccuparsi di cosa accada nei centri di detenzione in Libia. Questo lo abbiamo capito. Ma è certo anche che alcuni ministri del Governo non vogliano essere catalogati come suoi "complici", nonostante il supporto fatto "trapelare", ma non espresso ufficialmente, di Gentiloni e quello di Mattarella.