Le autorità italiane ci hanno comunicato poco fa che il nostro assetto veloce Aurora è in stato di detenzione per aver sbarcato 72 naufraghi sabato 19 agosto a Lampedusa, contravvenendo alla Legge Piantedosi. In particolare viene contestato ad Aurora che, dopo aver comunicato l’impossibilità di raggiungere il porto di Trapani, non si sia coordinata con le autorità tunisine per sbarcare nel paese nordafricano i naufraghi e di aver così messo in pericolo la sicurezza delle persone soccorse.In Tunisia in queste settimane sono in atto veri e propri pogrom razzisti contro le persone migranti vengono perseguitati e deportazioni verso i confini desertici del Paese, dove non esiste un sistema di asilo e di accoglienza e dove i diritti umani fondamentali delle persone migranti non sono garantiti.Una motivazione semplicemente assurda che rende comprensibile a tutti quanto sia pretestuosa la politica di guerra alle ONG che il governo sta combattendo sulla pelle dei migranti. Sbarcare a Lampedusa era l’unica opzione possibile per Aurora viste le limitate risorse di carburante, cibo e acqua potabile della nave per raggiungere il porto di Trapani, inizialmente indicato dalle autorità italiane. Un porto apparentemente vicino ma irraggiungibile per l’Aurora con un tanto alto numero di persone a bordo.Aurora è una piccola nave veloce, simile a quelle utilizzare dalla Guardia costiera italiana per i soccorsi da Lampedusa, che infatti rientrano sempre nel porto dell’isola dopo aver effettuato salvataggi in mare: è evidente che vi sia un approccio discriminatorio e criminalizzante nei confronti delle ONG. Aurora sabato è stata costretta a una lunga attesa sotto il sole davanti alla costa di Lampedusa e questo ha messo in grave pericolo le persone a bordo: una di esse h perso conoscenza per il caldo. È stato lo stato italiano a mettere in pericolo la salute delle persone a bordo e non le decisioni dell’equipaggio di Aurora.“L’Italia ha assegnato a Aurora un porto (Trapani) che la nave non era in grado di raggiungere e ha poi utilizzato questo pretesto per detenerla. Questo crea inutili disagi in una situazione estremamente complessa nel Mediterraneo, che si dovrebbe gestire nel nome della cooperazione, invece che della facilitazione dei respingimenti illegali”. Commenta Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch.“L’indicazione di rivolgersi a Tunisi potrebbe essere un fallace tentativo di attuazione per vie operative del memorandum voluto da Meloni, considerato carta straccia anche da Paesi UE come la Germania. Triste e assurdo utilizzare la guardia costiera per servire le politiche di esternalizzazione ad ogni costo verso il nordafrica”.Rebecca Berker, capo missione, commenta: “L’Europa tende una trappola mortale ai suoi confini. Come tutti sappiamo lascia annegare le persone di proposito. Noi daremo sempre la priorità alla salute e alla sicurezza delle persone a bordo. Chiediamo libertà di movimento per tutti”.

Questo il comunicato stampa diffuso dalla ong Sea Watch lunedì 21 agosto, a ulteriore conferma di come il rispetto dei diritti umani non sia garantito dal governo dei (post) fascisti guidato da Giorgia Meloni.

E mentre impedisce alle navi umanitarie di prestare liberamente soccorso ai migranti in difficoltà nel Mediterraneo centrale, il governo Meloni ha consegnato in questi giorni tre motovedette , nuove di zecca, alla Guardia costiera... libica. Le tre unità - CP300-class identiche a quelle della Guardia Costiera italiana  - sono già operative presso la base navale di Abu Sitta e sono state esibite in carosello a Tripoli nella parata celebrativa del 9 agosto per l'83.mo anniversario delle locali forze armate (fonte: Sergio Scandura).



Crediti immagine: Sea-Watch