La verità è e deve sempre essere l’elemento vitale affinché l’informazione svolga la sua funzione etica perché attraverso i molteplici mezzi di comunicazione raggiunge capillarmente gli utenti divenendo un elemento determinante per la formazione della pubblica opinione e contribuisce a sviluppare una coscienza civile.  Vi è una correlazione tra informazione e opinione, la prima incide profondamente sulla seconda, chi pratica la professione giornalistica dovrebbe adottare la regola fondamentale di testimoniare sempre la verità per non incorrere in una pericolosa manipolazione della realtà inducendo i fruitori di tale importantissimo servizio pubblico ad errori di valutazione che talvolta ne fuorviano le scelte ledendo la loro libertà personale. La stampa americana sa bene che bisogna dire la verità, anche la più scomoda e pericolosa, per questo motivo la professione giornalistica in America viene svolta seriamente e rappresenta un filtro affidabile per l’opinione pubblica: le inchieste condotte da professionisti onesti hanno permesso di salvaguardare la democrazia e la libertà. Negli Stati Uniti inoltre non è permesso a chi detiene a vario titolo organi di informazione accedere a cariche politiche per evitare che la libertà e la democrazia vengano minate da un’informazione manipolata a fini personali.

In Italia accade il contrario. Non è un caso che lo staff politico di Berlusconi (che detiene la maggioranza dei mezzi d’informazione a livello nazionale e nessuno osa toccarli con la scusa che fa lavorare un mare di gente) è formato in gran parte da giornalisti addestrati a seguire “la voce del padrone”, non da meno, l’altra sponda ha “le sue trombe del giudizio” per non parlare di una miriade di pennivendoli che vivacchiano bene ricevendo finanziamenti pubblici per dare spazio o sottacere quanto accade localmente. La gente comune quotidianamente ha parecchi problemi da risolvere perché la vita diviene ogni giorno sempre più complicata per questo si affida principalmente all’informazione televisiva e a quei pezzi di carta lasciati nelle sale d’attesa delle stazioni e sui sedili delle metropolitane apparentemente distribuiti “gratuitamente” quando in Italia nulla è gratuito ma pagato dai contribuenti. Sembrerebbe che l’attuale governo in carica abbia deciso di provvedere con una legge sul conflitto di interessi per cercare di risolvere il grave problema della concentrazione di organi d’informazione nelle mani della famiglia Berlusconi: dopo trent’anni sarebbe pure ora!

Attualmente è molto difficile avere puri argomenti di politica su cui scrivere o avere un’opinione perché il novanta per cento è cronaca giudiziaria infatti nell’arco temporale di poco più di un mese sono state concluse tre importanti inchieste che hanno purtroppo evidenziato come la corruzione in Italia sia un difetto congenito della classe politica tradizionale dimostrando che le nuove leve non sono diverse dalle vecchie.  Umbria, Lombardia, Calabria hanno in comune un “modus agendi” identico nella forma e nella sostanza cambiano solo i personaggi. 

Sembra che con queste inchieste la magistratura voglia affrontare con un certo rigore il problema della corruzione e dell’infiltrazione della criminalità nell’economia nazionale. Personalmente considero che l’attuale classe politica dirigente non ha proposto un’efficace normativa anticorruzione, non ha avuto il coraggio di promulgare una legge veramente severa che scoraggiasse la corruzione infatti il sistema continua imperterrito ad imporre le sue regole. Alcuni magistrati che si sono occupati in passato del fenomeno mafioso e corruttivo con determinazione, in base alla loro esperienza sul campo, avevano consigliato maggiore rigore soprattutto in merito ai termini per la prescrizione di questa particolare tipologia di reati ma non sono stati ascoltati.

La sospensione dai pubblici uffici è blanda e i risarcimenti per il danno recato all’erario non scalfisce sostanzialmente l’indebito arricchimento rendendo conveniente continuare a commettere simili reati. Stando ad un’informazione strumentalizzata sembrerebbe che “Mani Pulite” non avesse dato alcun risultato invece ci sono state migliaia di condanne a conclusione dell’iter giudiziario, una realtà sulla quale è sceso un velo di silenzio che ha fatto dimenticare i nomi dei protagonisti che sicuramente, con il tempo, si sono potuti “riciclare” creando nell’opinione pubblica l’errata convinzione che i responsabili l’avessero passata liscia.

Questo vuoto informativo ha consolidato il “sistema” che ha potuto continuare ad imporre le sue regole facendo lievitare le percentuali. La pericolosità e distruttività di questo fenomeno sta nel fatto che si annida nelle istituzioni di uno stato e ne determina le scelte che sono finalizzate a realizzare interessi personali o dei comitati d’affari che orbitano intorno agli ambienti di potere dai quali traggono vantaggi illeciti. Tale presenza ha determinato l’abolizione di parte della buona normativa sostituendola con leggi “ad personam”; ha apportato modifiche ai termini per la prescrizione di alcuni reati gravi e contro la PA adducendo che allungavano di molto i tempi dei processi quando in realtà avevano lo scopo di non farli neanche iniziare con un danno incalcolabile per la collettività.

Il denaro pubblico viene tutt’ora utilizzato per i più disparati fini utilitaristici di categoria o clientelari ma la corruzione non si ferma solo all’aspetto finanziario: lo dimostra la condanna pronunciata ieri dal GUP a carico dell’ex presidente di Confindustria  Antonello Montante. Questo distinto signore, ovviamente agli arresti domiciliari per i soliti “motivi di salute”, è stato l’ideatore del “Sistema Montante” una rete di spionaggio che gli aveva permesso di creare un “Governo” parallelo in Sicilia accedendo abusivamente alla rete informatica che gli permetteva di venire a conoscenza di informazioni riservate. Coinvolti nella vicenda vi sono l’ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta Gianfranco Ardizzone, il sostituto commissario Marco De Angelis, il capo della security di Confindustria Diego Di Simone, il questore Andrea Grassi condannato per uno solo dei vari capi d’imputazione. L’imputato principale è stato condannato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, alla rivelazione di notizie coperte dal segreto d’ufficio utilizzando l’accesso abusivo alla rete informatica e gli altri imputati anche per favoreggiamento.  L’imputato aveva scelto il rito abbreviato per godere dei benefici a lui garantiti da tale procedura che prevede tra l’altro la sicura riduzione di un terzo della pena in caso di condanna: il Pubblico Ministero aveva chiesto 10 anni e 6 mesi ma il GUP ha deciso altrimenti prendendo in considerazione una pena base di 21 anni per questo gli ha inflitto una condanna a 14 anni. Sarà molto interessante leggere le motivazioni. Questa fattispecie corruttiva dimostra che i metodi usati dalla loggia P2 per realizzare la scalata al potere nei lontani anni ’80 attraverso dossier riservati sono sempre attuali ed efficienti ma più facilitati dall’accesso al sistema informatico che contiene i dati sensibili di tutti.

Abbiamo una Costituzione scaturita dai tragici eventi accaduti in Europa nel 900: il nazi-fascismo che ha dapprima legalizzato il genocidio di stato poi generato un conflitto che ha spezzato milioni di vite inutilmente con la conseguenza di creare due blocchi contrapposti che hanno giustificato la perdita di libertà per molti popoli e pesanti ingerenze nella vita sociale, economica e politica.  Ciò che è accaduto in Italia negli anni “di piombo” per la consistente presenza del partito comunista ha giustificato le stragi di stato. I nobili principi che sostengono la Carta fondamentale della nostra nazione gradualmente sono andati scemando soppiantati da comportamenti illeciti; nelle scuole molti anni fa è stata soppressa l’educazione civica che doveva aiutare a sviluppare una coscienza civile attraverso la conoscenza dei nostri diritti e i nostri doveri come cittadini. Ci era stato dato dai costituenti un vademecum di saggezza e regole per sviluppare una nazione civile ma quelli che hanno gestito il potere finora sono stati dei pessimi maestri. Aver permesso di accedere e favorire carriere nella pubblica amministrazione e nelle libere professioni ad individui oggettivamente non idonei e compiacenti ha garantito l’instaurarsi di un sistema che ha divorato lentamente e inesorabilmente le ricchezze di una nazione e il patrimonio culturale e morale di un popolo.

L’esperienza mi ha insegnato che in Italia non vi è stata una crisi di valori ma la graduale sostituzione di essi con principi basati sull’opportunismo, sul tornaconto, sulla menzogna, sulla vendita della propria libertà personale per ottenere favori di vario tipo, è stata svenduta la cultura regalando “il pezzo di carta” prima e le lauree con il 18 politico poi che ha portato un ricambio devastante della classe dirigente: la corruzione è diventato il sistema che ha dominato e gradualmente distrutto irreversibilmente l’intero paese con la complicità di cittadini che hanno tratto e traggono vantaggi da tali ingiustizie garantendo il potere con il loro consenso elettorale. Per poter realizzare i loro programmi avevano bisogno di consenso: tale complicità li rendono inattaccabili.  Le istituzioni ormai non offrono una risposta valida alle istanze di verità e giustizia che i cittadini più responsabili e dotati di coscienza civile chiedono.