Nell’era del Covid il rapporto azienda-risorse è decisivo. Lo studio Work.Reworked di Microsoft
Sono oramai mesi che viviamo questo contesto di emergenza, a seguito della diffusione del Coronavirus e, ahinoi, della sua recrudescenza. In questi 9 mesi si sono susseguiti studi, ricerche, analisi che non hanno però consegnato un quadro chiaro alle aziende, un binario sicuro su cui muoversi per affrontare questo lungo percorso che giungerà, crediamo e speriamo presto, ad un futuro senza restrizioni.
A livello teorico abbiamo ascoltato, quasi quotidianamente, esperti tracciare la linea su come le aziende dovevano agire o comportarsi. La realtà dei fatti ha visto molte aziende andare in grossa difficoltà nella prima ondata e boccheggiare per tutti questi mesi, non avendo a disposizione gli strumenti adatti per sostenere un fattore esterno così difficile (per qualsiasi business).
Alcune aziende non ce l’hanno fatta, sono ferme o peggio chiuse, perché in Italia siamo molto indietro in termini di digitalizzazione, altre aziende hanno tentato di riassestarsi, ma fanno fatica. In alcuni casi il processo di trasformazione ha accelerato, le aziende hanno riorganizzato il business e adesso viaggiano nuovamente ad andatura di crociera. Il contesto rimane difficile e in bilico, ma affrontarlo in maniera cosciente con gli strumenti e le conoscenze adatte è decisivo. Smart working efficiente e business continuity devono essere le parole d'ordine per qualsiasi azienda, così come l'innovazione, la trasformazione digitale, il cloud e l’intelligenza artificiale rappresentano la risposta giusta a qualsiasi fattore esterno.
Sicuramente questo continuo assestamento verso nuovi equilibri, spesso rimessi in discussione nel giro di pochi giorni, non lascia indifferenti e muta, anche nel mondo del lavoro, rapporti, reazioni, dinamiche e relazioni.
Un recente studio Work.Reworked di Microsoft, ha messo in evidenza alcuni aspetti interessanti sul lavoro agile: rende più produttivi, ma può provocare senso di isolamento e una riduzione del tasso di innovazione.
I dati estrapolati dallo studio ci mostrano che sicuramente una crescita a livello strutturale dell’Italia:
Il 77% delle imprese italiane ha adottato modelli flessibili di lavoro, rispetto al 15% del 2019;
Il 66% dei dipendenti continuerà a lavorare da remoto almeno un giorno alla settimana anche dopo la pandemia;
L’87% degli italiani ha riscontrato una produttività pari o superiore rispetto a quando lavorava in ufficio, ma sembra calata la capacità di innovazione: solo il 30% dei manager crede che la propria azienda possieda una cultura innovativa, rispetto al 40% del 2019.
Se la ricerca Microsoft ci dimostra che il lavoro flessibile e il lavoro ibrido sono già la normalità, emerge però una propensione ad apprezzare di più l’ambiente lavorativo tradizionale, specialmente per la possibilità di socializzare e condividere esperienze e informazioni più facilmente con i colleghi o perché in alcuni casi è necessario prevedere una presenza fisica, in sicurezza.
Una delle principali distorsioni del lavoro da remoto risulta essere la sensazione di essere più isolati e meno in relazione con i colleghi, con la percezione di un calo nel tasso di innovazione, del tasso di coinvolgimento e della capacità di fare squadra.
La difficoltà nel rimanere connessi con il proprio team influenza, quindi, la capacità di condividere nuove idee e innovare: rispetto allo scorso anno è stato registrato un calo sensibile nel numero di manager che dichiarano che la propria azienda possiede una cultura innovativa, passando dal 40% nel 2019 al 30% nel 2020. Allo stesso modo, è stato rilevato un calo anche nella percezione dell’innovazione di prodotti e servizi, che è passata dal 56% nel 2019 al 47% nel 2020>> (Microsoft).
Il rapporto azienda-risorse è decisivo, specie in quest’era di continua emergenza. Il ruolo dell’azienda non può limitarsi a mettere a disposizione gli strumenti necessari per il lavoro da remoto o per garantire la business continuity; sono passaggi fondamentali, ma, a mio modo di vedere, non sufficienti quanto entrano in gioco aspetti morali e irrazionali come nel caso del Covid. In questi casi l’azienda deve avere atteggiamenti propositivi, proattivi e fungere da modello rassicurante e sempre presente.