Per primo è stato il quotidiano Al-Ahram, facendo riferimento ad una fonte del ministero dell'Interno, a diffondere la notizia che in uno scontro a fuoco erano stati uccisi tutti i membri di una banda che, tra l'altro, era responsabile del sequestro e dell'uccisione di Giulio Regeni.

Alle anticipazioni del quotidiano vicino al regime di al-Sisi, si sono poi aggiunte le dichiarazioni ufficiali provenienti dal ministero dell'Interno egiziano che ha fornito una ricostruzione dettagliata della vicenda.

I membri della banda, già conosciuti alle forze dell'ordine, viaggiavano su un minivan che è stato fermato dalla polizia che li aveva individuati. Vi è stato uno scontro a fuoco con la polizia che è finito con l'uccisione di tutti i banditi. Nel minivan sono state ritrovate diverse armi ed il corpo di una persona non ancora identificata.

Secondo la polizia, la banda era specializzata in sequestri e rapine agli stranieri che venivano eseguiti grazie al fatto che i membri si fingevano poliziotti.
Come è stata collegata la morte di Regeni a questa banda? Nella casa della sorella, successivamente arrestata, di uno dei banditi è stata ritrovata della refurtiva, tra cui una borsa appartenuta a Giulio Regeni contenente alcuni effetti personali, tra cui il passaporto, il badge dell'Università di Cambridge, degli occhiali da sole, alcuni grammi di hashish e del denaro egiziano equivalente a circa 500 euro.

Quindi, il cerchio è chiuso, almeno secondo gli inquirenti ed il governo egiziano che ha annunciato la risoluzione del caso. Giulio Regeni sarebbe stato sequestrato da una banda specializzata in sequestri e rapine a stranieri e poi sarebbe stato ucciso. Governo e servizi segreti sarebbero pertanto estranei alla vicenda.

Da parte di giornalisti e politici italiani sono arrivati commenti oscillanti tra scetticismo e incredulità,  mentre dichiarazioni ufficiali dalle istituzioni non sono state ancora rilasciate.

Il dubbio è d'obbligo. Infatti, come è possibile che una banda di rapinatori conservi ancora dopo due mesi la refurtiva di un'azione criminale finita con un omicidio, senza aver diviso e speso il denaro in  banconote,  rivenduto o consumato l'hashish, distrutto i documenti? Non è neppure necessario far ricorso al dilettantismo, si dovrebbe parlare solo di stupidità.

Quindi, la versione ufficiale fornita dall'Egitto appare una frottola mal confezionata per porre fine alla vicenda almeno da parte dell'Egitto. Adesso non resta che attendere come risponderà, ufficialmente, l'Italia a quella che ha assunto l'aspetto di una vera e propria presa in giro.