Le garanzie fissate dal welfare tradizionale sono decisamente in fase di erosione per l'impossibilità di garantire la sostenibilità economica del sistema e per una trasformazione del contesto sociale italiano che ha modificato nel tempo le priorità per gli interventi pubblici. La necessità di ridare priorità agli interventi, siano essi di impronta pubblica, che pubblico privata e privata in una logica di sussidiarietà sono stati al centro di un interessante dibattito svoltosi questa settimana a Palazzo Pirelli. L'occasione: la presentazione del Policy Paper "Esperienze di secondo welfare in Lombardia. A che punto siamo". Le trasformazioni demografiche, economiche e sociali che hanno attraversato il Paese in questi 70 anni dal Dopoguerra ad oggi, non ci permettono di considerare solide le nostre politiche di welfare. Il ritrarsi dello Stato sociale cui assistiamo in questi anni non può quindi essere semplicemente trasferito all'interno delle formule di secondo welfare, perché serve piuttosto una regolazione delle priorità per quanto riguarda i soggetti di riferimento e le risorse da investire. È piuttosto una nuova frontiera del Welfare quella che deve vedere all'opera le istituzioni pubbliche con l'insieme variegato dei soggetti del privato sociale e dell'impresa. Marco Carra: le nuove frontiere del welfare In Lombardia, l'hanno ripreso i ricercatori di Eupolis e del Centro Einaudi, è presente il 15,3% dei soggetti no profit esistenti a livello nazionale, sono operanti 13 Fondazioni di origine bancaria che sviluppano progetti sui territori e con le comunità locali e il 41,9% delle imprese lombarde offre ai propri dipendenti programmi di welfare. Nel 2015 erano poi presenti nella nostra regione 1.589 enti del privato sociale che offrivano assistenza a 358.170 persone in condizioni di povertà materiale.