Tra i Paesi che stanno suscitando non poche perplessità nel modo di gestire la pandemia causata dal Sars-CoV-2, ve ne sono molti altri oltre a Stati Uniti e Brasile.

L'India, ad esempio, ha deciso di terminare le misure di confinamento nonostante siano oltre 10mila i nuovi casi di contagio registrati nelle ultime 24 ore, mentre a Nuova Delhi gli ospedali non sono più in grado di ricevere nuovi pazienti, tanto che le autorità locali sembrano intenzionati a requisire alcuni alberghi per trasformarli in strutture ospedaliere. La situazione non è diversa a Mumbai, con gli esperti locali che avvertono che non solo il picco del contagio non ha ancora raggiunto il suo massimo, ma che questo accadrà tra molti giorni, probabilmente tra settimane.

Una decisione, quella della riapertura, che sta alla base del fatto che il Paese non è in grado di sostenere ulteriormente da l punto di vista economico il confinamento delle persone, per cui, se gli indiani non tornassero al lavoro, invece che di Covid finirebbero per morire di fame. 


In Pakistan, le cui campagne sono afflitte da un'invasione di locuste che non si registrava da anni e che sta devastando le coltivazioni, l'ex campione di cricket Imran Khan, che ricopre la carica di primo ministro perseguendo una politica di stampo populista, ha deciso di allentare le misure di confinamento, definendole elitarie, valide solo per i ricchi che possono permettersi di star chiusi nelle loro abitazioni.

Nel frattempo, i casi di contagio stanno aumentando - la scorsa settimana sono quasi raddoppiati - con i test che non vengono effettuati e, pertanto, non è possibile neppure valutare la reale estensione del contagio, soprattutto al di fuori delle principali città del Paese. Però, anche in questo caso, la necessità di consentire alle persone meno garantite di riprendere le loro attività per evitare la fame ha fatto sì che si ricorresse alle riaperture.


L'Iran è alle prese con una seconda ondata di contagi dopo che nei primi giorni di maggio il regime ha deciso di riaprire il paese dopo un lockdown durato solo tre settimane nel tentativo, anche in questo caso, di salvare la propria economia, già sofferente a causa delle sanzioni internazionali.

Per questo, un mese dopo, il contagio ha ripreso nuovamente a crescere, anche a causa del fatto che gli stessi iraniani hanno ripreso ad occuparsi delle loro attività come se il coronavirus non fosse più presente, quindi dimenticandosi di mascherine e distanziamento tra le persone.


Ed anche in Russia si spinge per la riapertura, nonostante da settimane l'andamento del contagio faccia registrare giornalmente tra gli 8mila e i 9mila nuovi casi.

A dispetto di ciò, il sindaco di Mosca ha revocato molte delle restrizioni in vigore dal 30 marzo, anche perché il 1 luglio è previsto il referendum per modificare la Costituzione in modo da consentire al presidente Vladimir Putin di rimanere al potere fino al 2036. La data attuale è conseguenza di un primo rinvio, poiché il referendum avrebbe dovuto svolgersi già ad aprile, ma a causa delle misure di confinamento è stato rimandato.

E nonostante i dati dicano il contrario, Sergei Sobyanin, il sindaco di Mosca, ha detto che la città "stava iniziando a sconfiggere il coronavirus".


E lo stesso accade anche in un altro continente, l'America, dove il coronavirus è ben lontano dall'aver raggiunto il picco dei contagi. Oltre agli Stati Uniti, anche il Messico registra un numero di nuovi casi che ieri ha visto il suo massimo con quasi 5mila contagi in un giorno, con il tasso di mortalità che è abbondantemente superiore al 10%: oltre 15mila decessi rispetto ai 130mila contagi. 

Il governo messicano ha costantemente minimizzato la gravità della malattia pur non verificandone la reale diffusione tramite test a tappeto e non ha neppure preso misure anti contagio a sostegno dell'economia. A Città del Messico gli ospedali e gli obitori sono pieni, come anche i crematori. Una situazione che ad alcuni esperti non solo fa ritenere che il picco del contagio sia ben al di là dall'essere raggiunto, ma che la situazione reale nel Paese sia ben peggiore dei numeri ufficiali.

Nonostante ciò, il presidente Andrés Manuel López Obrador ha posto fine alla quarantena e ha "celebrato" la riapertura avvenuta all'inizio di giugno con un tour in tutta la nazione.