A seguito dell’incontro avuto col presidente del Parlamento armeno Alen Simonyan, in viaggio ufficiale a Parigi, lo scorso 13 luglio il presidente del Senato francese Gérard Larcher ha twittato una frase eloquente, invocando la riapertura immediata del corridoio di Lachin che unisce Armenia e Nagorno Karabakh e l’accelerazione dell’invio di armi difensive all’Armenia da parte della Francia per garantirne la sicurezza.  

In ambito militare, pare che l’invio di armamenti si attesti su forniture di sistemi missilistici antiaerei Mistral e di 50 veicoli corazzati per trasporto truppe. La cosa non stupirebbe nemmeno troppo, data la simpatia evidente di Macron e di vari esponenti della cultura francese nei confronti dell’Armenia. Gli aiuti principali sono comunque quelli di carattere umanitario.

Nonostante ciò, le decisioni di Parigi non vanno giù ai vertici di Baku. L’Azerbaigian infatti teme che dietro la dichiarazione di assistenza umanitaria si celino più che altro contributi militari che andrebbero a fomentare ulteriormente il conflitto. Perfino Israele, che si considera partner strategico dell’Azerbaigian e al quale vende armamenti, teme l’atteggiamento della Francia, dato che le armi di Parigi destinate a Yereva potrebbero finire nelle mani del vicino Iran e quindi agevolarlo nelle diatribe regionali.

Ne è rimasta infastidita anche la Turchia, storico alleato dell’Azerbaigian, per il quale viene considerata una sorta di fratello maggiore a livello storico, culturale, economico.