Economia

ADDIO MISTER ESSELUNGA - E' morto il fondatore di una delle più grandi catene di GDO in Italia

Per chi vive al nord, il marchio è estremamente familiare, lo trovi praticamente dappertutto. E dal 1957, con pazienza, la nota catena di supermercati si è a poco a poco espansa, faticando non poco ad insediarsi nel centro Italia, regno incontrastato delle COOP.

E proprio contro le Coop che si schierava Bernardo Caprotti: un carattere difficile, tanto da non trovare pace neppure in famiglia, ma le idee chiare, chiarissime, da vero imprenditore.

E una convinzione che non si è mai sradicata, e che ha segnato fin da subito il suo essere imprenditore: le Coop sono il diavolo, lui l'acqua santa.

PRIVILEGI DA ABBATTERE

In questo assunto, che Caprotti sintetizzava nel detto (poi diventato libro) "Coop, falce e carrello", come sempre un fondo di verità esiste, come è vero che spesso e per parecchi anni le Coop hanno goduto di privilegi economici e fiscali tali da rendere a volte quasi improbo il confronto in una sana economia fatta di competitors.

Ciò nonostante, l'abilità manageriale di Caprotti ha saputo tenere testa ad una situazione iniziale non favorevole ad una imprenditoria "privata", creando un colosso che ha preso il nome dal gergo popolare: le "sciure" milanesi, alla domanda. "dove vai a fare la spesa?" rispondevano - con naturalezza e un sapore non metropolitano - "al supermercato quello con la S lunga".

Una catena che si è via via consolidata, aprendo punti vendita dopo punti vendita, dai piccoli negozi agli ipermarket, e generando un potere di acquisto delle materie da distribuire dai numeri ingenti, che ha consentito di attuare una politica di prezzi al consumo contenuta, che a volte ha sacrificato la qualità - purtroppo - ma che ha fatto presa sul consumatore.

Una intelligente politica di replica del format, creando ogni punto Esselunga a immagine e somiglianza di se stesso: stessi percorsi, stessa sequenza dei prodotti: un iter facile da memorizzare, che velocizza l'utente nel fare gli acquisti, e che - nella terra natia - ha riscosso immediatamente un consenso vastissimo ( i milanesi, si sa, hanno sempre i minuti contati).

La fidelizzazione con le card, che si trasformano in premi ma anche in denaro contante, da utilizzare per fare la spesa, oppure in forme di donazione per progetti di aiuti umanitari.

La nascita di prodotti a proprio marchio, autodistribuiti, abbattendo notevolmente dei costi intermedi e consentendo ancora una maggiore competitività....

Tante le strategia adottate, ormai note ai più (sembra che nessuno abbia ancora avuto la capacità di inventare l'acqua calda), ma che - applicate una dopo l'altra a ritmo serratissimo - hanno fatto la fortuna del marchio.

CEDUTO AGLI STRANIERI?

Come sempre accade, purtroppo, dopo la morte del suo fondatore e anima, si apre la corsa al cosa ne sarà.

Molte le manifestazioni di interesse espresse da colossi stranieri, per una realtà valutata dai 4 ai 6 miliardi di euro: una tentazione, quella di vendere, a cui Caprotti aveva sempre resistito, anche in presenza di dissidi familiari forti, che sono tuttora oggetto del contendere, in quelle cause pluridecennali di cui forse non si vedrà la fine.

I dissidi con i figli di primo letto, estromessi dal padre dall'azienda di famiglia, e le lotte che si apriranno per la successione....storie note e già viste, che forse la cessione a entità straniere potrebbe calmierare se non azzerare.

Sta di fatto che se questo accadesse (grazie anche alla stupida bramosia ed avidità di pochi), una delle poche realtà imprenditoriali, rimaste ancora a sventolare il tricolore, prenderebbe inesorabilmente il volo. 

Rendendo tutti noi, in fondo, un pò più poveri.

Autore catiadag
Categoria Economia
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