La strage di Ustica è uno dei tanti misteri d'Italia che, a differenza di altri, torna spesso agli onori della cronaca perché conosciamo - nella sostanza - come sono andati i fatti, ma possiamo solo immaginarne autori e motivazioni che hanno portato all'abbattimento di quell'aereo.

La tesi più accreditata? Quella di un missile, probabilmente lanciato da un caccia francese, che voleva colpire un aereo che avrebbe dovuto trasportare Gheddafi. Forse tratto in inganno da un caccia libico che si nascondeva seguendo la rotta del DC-9 Itavia, il pilota del caccia francese (in seguito suicidatosi per il peso di quelle vittime) lanciò un missile e abbattè un aereo civile.

Quella sera, americani e francesi avevano organizzato un attentato contro Gheddafi. Avevano avuto informazioni che il suo aereo sarebbe transitato su quella rotta (chi dice di ritorno dalla Bulgaria). I servizi italiani avrebbero avuto notizia dell'attentato ed avrebbero avvertito Gheddafi. 

Del disastro del DC-9 si è cercato di incolpare prima il pilota, poi la compagnia aerea, accreditando la tesi di un cedimento strutturale dell'aereo. Poi, l'analisi di alcuni tracciati radar che non erano stati occultati hanno finito, un po' alla volta, per mettere insieme i pezzi di un puzzle che hanno svelato i contorni della vicenda di cui mancano i nomi dei responsabili. 


Nell'anniversario della strage, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha lanciato un apello affinché "il quadro delle responsabilità e le circostanze che provocarono l’immane tragedia" possa essere "ricomposto in modo pieno":

«La strage avvenuta nel cielo di Ustica la sera del 27 giugno 1980 è impressa nella memoria della Repubblica con caratteri che non si potranno cancellare. Nella ricorrenza dei quarant’anni, sentiamo ancora più forte il legame di solidarietà con i familiari delle ottantuno vittime e ci uniamo nel ricordo di chi allora perse la vita, con una ferita profonda nella nostra comunità nazionale.La condivisione di tanto dolore è stata ed è anche motivo di testimonianza e di impegno civile. Il quadro delle responsabilità e le circostanze che provocarono l’immane tragedia tuttora non risulta ancora ricomposto in modo pieno e unitario. Tuttavia molta strada è stata percorsa dopo che reticenze e opacità erano state frapposte al bisogno di verità, incomprimibile per una democrazia e uno Stato di diritto.La Repubblica e la tenacia e professionalità di uomini dello Stato hanno consentito di diradare nebbie; e ciò è stato possibile grazie anche alla determinazione e alla passione civile delle famiglie delle vittime e di quanti le hanno sostenute nelle istituzioni e nella società.Non può e non deve cessare l’impegno a cercare quel che ancora non appare definito nelle vicende di quella sera drammatica. Trovare risposte risolutive, giungere a una loro ricostruzione piena e univoca richiede l’impegno delle istituzioni e l’aperta collaborazione di Paesi alleati con i quali condividiamo comuni valori.Il dovere della ricerca della verità è fondamentale per la Repubblica».