La Meloni è diventata europeista perché immagina un'Europa post-fascista
La scorsa settimana, i co-presidenti del Gruppo ECR al Parlamento europeo, Nicola Procaccini e Ryszard Legutko, si sono recati a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni, ma non per incontrarla in qualità di presidente del Consiglio, ma in quella di presidente del Partito Conservatore Europeo.
Di cosa hanno parlato? Di come far crescere ECR, il cui nucleo è costituito dalla delegazione polacca del Partito Legge e Giustizia e da Fratelli d'Italia di Meloni.
"La cooperazione tra Varsavia e Roma dovrebbe essere la base per un'ulteriore espansione della nostra alleanza in Europa e per la difesa dei valori comuni che ci stanno vicini, come la fede, la famiglia e l'identità culturale", ha detto il patriota Procaccini.
Il post-fascista polacco, Legutko, ha poi precisato: "È solo attraverso un'azione congiunta che possiamo cercare di rompere il monopolio ideologico della sinistra, che prevale oggi nell'Unione europea, ed essere una voce udibile dell'opposizione".
Quindi è stata la volta di Procaccini:
"Noi conservatori di centrodestra siamo quelli che vogliono difendere i trattati istitutivi dell'Unione Europea. È importante capire cosa significhi davvero europeismo. La sinistra è riuscita a cambiare il significato della parola, che ora va contro il significato originario e lo spirito dei trattati dell'UE. Proeuropeista significa infatti che il nucleo stesso degli interessi delle nostre nazioni non può essere subordinato a una sorta di superstato europeo. La base democratica dell'Ue si fonda sulle democrazie nazionali degli Stati membri in tutta la loro diversità, che non può essere indebolito dall'UE ma, al contrario, rafforzato".
Legutko, che in una chiosa ha fatto presente che nella guerra in Ucraina è in gioco il futuro dell'intera Europa e del mondo occidentale, ha poi concluso dicendo che
"è necessario continuare la nostra cooperazione a vari livelli ed elaborare un piano concreto per ulteriori azioni nei prossimi mesi".
Se non fosse stata una riunione di post-fascisti, poteva passare per una pagina del Mondo piccolo di Guareschi con il Brusca e lo Smilzo che vanno a rapporto da Peppone.
Ma nella realtà il capo diventa la capa e, oltretutto, è men che meno comunista, essendo Giorgia Meloni nata e cresciuta (politicamente) nella fascistissima sezione missina di Colle Oppio.
Perché è interessante parlare di questa riunione? Perché la prossima primavera si andrà di nuovo a votare per le Europee, con gli italiani che saranno chiamati a scegliere i 73 parlamentari da mandare a Bruxelles (e Strasburgo). Meloni non vuole sprecare l'occasione per sfruttare l'attuale consenso, per tentare di spostare gli equilibri europei a favore degli estremisti di destra.
Dopo aver vinto le elezioni, FdI è diventato un partito europeista, con la Meloni che si è quasi fidanzata con la von der Leyen... quando in passato l'Europa, per lei ed il suo partito, era il male assoluto.
Il motivo? Trovare un accordo politico con il PPE in modo da portare gli estremisti di destra, i post-fascisti, a governare l'Europa a partire dal prossimo anno. Un'ipotesi agghiacciante e grottesca allo stesso tempo, se si pensa che l'Europa è nata proprio con l'intento opposto, quello di promuovere e preservare il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia, l'uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani compresi quelli delle minoranze (come riporta l'articolo 2 del Trattato dell'Unione).
Invece, come ha ricordato in precedenza Procaccini, i post-fascisti voglio rivedere i valori fondanti dell'Ue, trasformandoli nell'esatto opposto: la fede, la famiglia e l'identità culturale, che sono quelli espressi nel motto dio, patria e famiglia che era tanto di moda durante il ventennio fascista.
Quindi, adesso sappiamo qual è la posta in gioco per le elezioni della prossima primavera, dove rischieremo di avere, dopo un'Italia post-fascista, anche un'Europa post-fascista: un incubo.