Esce in questi giorni l'ultima opera di John Le Carré, "A Legacy of spies", in cui l'autore inglese riprende la sua creatura prediletta, George Smiley.

Sarà interessante scoprire dettagli ancora sconosciuti sul personaggio che ci ha rivelato la vera vita degli uomini dell'Intelligence. Poca azione, molta scrivania, tante carte da studiare, rivalità feroci tra colleghi, carriere fallite, vita familiare e sentimentale a brandelli. Insomma, storie di ordinaria burocrazia.

Per i suoi affezionati lettori, Smiley rappresentava l'antitesi al "Bondismo", l'uomo che risolveva i più intricati casi di controspionaggio tra gli archivi polverosi del MI6 invece che ai tavoli di roulette a Montecarlo.

Tradito dalla moglie e dall'amico e collega più caro, riusciva a scoprire pazientemente "la Talpa" dei servizi segreti d'oltrecortina, inseguendo le sue tracce attraverso i personaggi della filastrocca "TInker, Taylor, Soldier, Spy".

La fine della Guerra Fredda sembrava averlo reso inutile e Le Carré aveva deciso di liberarsene per dedicarsi agli altri burocrati da lui preferiti, i diplomatici. Lui da giovane era stato infatti per diversi anni un funzionario del Foreign Office e poi una spia. Diciamo che conosceva l'ambiente.

Perché riprendere, ai giorni nostri, George Smiley e la sua eredità spirituale? Forse perché la Guerra Fredda non è mai finita. Surgelata con gli Accordi di Helsinki è rimasta nei frigoriferi della CSCE e poi dell' OSCE per più di 40 anni.

Nell'Europa del dopo-Brexit e di Putin è di nuovo pronta per essere servita, con tutti i suoi sapori ed odori pressoché inalterati...