Negli Stati Uniti, organizzare una campagna elettorale è un po' come gestire un'azienda. A questa regola, non è sfuggita Hillary Clinton. La "Clinton for President" (nome fittizio, inventato per convenienza) ha una sede centrale a New York, con filiali in tutti gli stati americani, e conta ben 4000 collaboratori a tempo pieno.

Il quartier generale occupa una superficie di settemila metri quadrati, al decimo e undicesimo piano di un grattacielo di Brooklin, che ospita anche uffici della banca Morgan Stanley. All'ingresso uomini della sicurezza controllano chi ha diritto di accesso.

E' qui che vengono prese tutte le decisioni, fin nei minimi dettagli. Qui si preparano messaggi anti-Trump, si analizzano i sondaggi, si stabilisce dove fare campagna elettorale, si decide perfino cosa deve indossare Hillary Clinton.

L'arredamento è informale e spartano. Il classico open space, con i posti di lavoro divisi da bassi separé e attrezzati con l'essenziale: un telefono e un computer. Le luci sono dell'Ikea. L'abbigliamento degli 800 collaboratori che qui passano le loro giornate è molto casual. Qualcuno ha pensato bene di portarsi dietro anche il cane.

L'atmosfera è indubbiamente abbastanza tesa, ora che mancano poche settimane al fatidico 8 novembre. A confermarlo, la presenza su una scrivania di un defibrillatore. Non si sa mai...

Alla testa della "Clinton for President" sta una sorta di triumvirato. Uno dei triumviri è John Podesta (foto sopra, a sin., con Robby Mook), assurto agli onori della cronaca grazie a WikiLeaks, che ne sta pubblicando le email. Già a capo del personale della Casa Bianca durante la presidenza di Bill Clinton, Podesta si occupa delle strategie "aziendali" e tiene i rapporti con i finanziatori.

Insieme a lui, Huma Abedin (foto sopra), la più stretta collaboratrice di Hillary, il suo personal assistant, che ne guida tutte le mosse. E' lei quella che ha l'ultima parola sull'abbigliamento della candidata democratica.

Infine, Robby Mook, considerato una sorta di mago delle strategie elettorali. Con i suoi 36 anni, è lui a guidare le operazioni della campagna elettorale del partito Democratico.

E' stato Mook a dividere i dipendenti della "Clinton for President" in venti reparti che si occupano dei vari aspetti della campagna. C'è quello per le strategie, quello per il budget, quello che si occupa di rispondere agli elettori e quello che prepara gli spot elettorali. Ce n'è uno anche per le questioni legali, formato da un gruppo di avvocati, sulla cui testa è appeso un cartello, su cui qualcuno, con intento umoristico, ha scritto: "Dipende da qui".

A decidere tutto, o quasi, è il reparto che si occupa dell'analisi del voto. Formato da 80 persone e guidato da Elan Kriegel, un esperto di statistica che si è costruito la sua fama in occasione della campagna di Obama nel 2012, è il reparto che attraverso sofisticati algoritmi cerca di prevedere i risultati del voto nei minimi dettagli, fino alle singole circoscrizioni elettorali. Vengono analizzate le percentuali dei votanti, le variazioni rispetto agli anni precedenti, i mutamenti nelle scelte degli elettori a favore dell'uno o dell'altro partito, il numero degli indecisi.

E' questo reparto che decide dove si recherà Hillary Clinton per la prossima manifestazione elettorale, quale la pubblicità da trasmettere in tv o pubblicare sui giornali. E' quella che nel quartier generale della "Clinton for President" definiscono la loro arma di precisione.

A Brooklin, sono stati riservati una cinquantina di posti anche per i volontari, quei sostenitori del partito Democratico, che, magari solo per poche ore al giorno, vanno lì per dare una mano. A loro viene riservato il compito forse più ingrato: telefonare agli elettori per convincerli a votare Clinton.

Nonostante le liste dei numeri di telefono siano state preparate con criteri selettivi, c'è sempre l'eventualità di qualche imprevisto: chi è deceduto, chi si è trasferito, chi è diventato repubblicano e chi non sopporta questo tipo di chiamate ed ha reazioni a volte un po' sopra le righe.

Alla sede della "Clinton for President" regna la massima efficienza. Secondo alcuni manca un po' di entusiasmo e un messaggio semplice e chiaro, due ingredienti che ebbero un ruolo decisivo nella vittoria di Obama nel 2008.

Per molti elettori, Hillary è la meno peggio, considerando che dall'altra parte c'è Donald Trump. Il problema è capire quanto il timore che possa essere eletto il candidato repubblicano sia uno stimolo sufficiente a far uscire di casa gli elettori americani il prossimo 8 novembre.