Aral Gabriele E compreremo un altro esame all’Università… ( Vorrei, ma non posto, J - Ax & Fedez) - parte II
Prendiamo questa prima narrazione e vediamo come è stata interpretata al processo (trasmesso da “Un giorno in pretura”), anche attraverso l’ausilio delle testimonianze. Tralasciamo l’ininfluente dichiarazione di una vicina, che alla fine non era nemmeno sicura del giorno preciso e passiamo a quelle cruciali, segnatamente quanto raccontato dalla ventennale governante di famiglia, Anna Giammattei: la signora, il 2 aprile se ne esce in una intervista a “Il Messaggero” con dichiarazioni che, di fatto, stringono già il figlio della coppia uccisa verso un cul de sac. La donna fa sapere che la mattina del 21 marzo aveva telefonato a casa Gabriele per annunciare che un imprevisto l’avrebbe costretta ad assentarsi per due giorni, ma il telefono squillava invano; così fu anche il venerdì, di talché ella pensò che fossero tutti andati a Camerino a celebrare la laurea di Aral. Segue un altro teste, la responsabile del centro dove Aral prestava il servizio civile, raccontando di un ragazzo inappuntabile sul lavoro, ma che, quella specifica mattina, tendeva ad assopirsi. Qualche ricerca, e salta fuori la verità: Aral avrebbe in realtà sostenuto l’ultimo esame nel dicembre 1999 e non aveva rinnovato l’iscrizione all’università, facendo però credere ai genitori di essere prossimo al conseguimento del titolo, anzi indicando addirittura le date e le tappe di questa marcia trionfale, che il babbo puntigliosamente appuntava sulla propria agenda, compresi i versamenti sul conto corrente dell’ateneo.
Seguono le intercettazioni telefoniche e ambientali, queste ultime anche sull’auto che Laila e il marito hanno noleggiato, una volta precipitatisi a Roma. Il cognato Giacomo, da quanto si è potuto vedere in televisione, già butta lì qualche allusione, soprattutto con la propria madre. Tuttavia, da fiducia al cognatino e lo ospita a Milano, evidentemente su pressione della moglie, gli trova un lavoro e tollera i suoi isterismi; ma appare ormai a corto di pazienza quando Aral lascia il lavoro che non gradisce e accusa tutti di scarsa sensibilità verso chi, come lui, ha perduto da poco, e tragicamente i genitori. In realtà Giacomo e la mamma livornese affossano definitivamente Aral, parlando dei sospetti su di lui e definendolo “disturbato”.
Tesi colpevolista: la sera del 20 marzo 2002 Aral è stretto in un imbuto. Non ha più scuse, sa che da lui ci si aspetta la laurea da un giorno all’altro, forse i genitori gli chiedono conto per organizzare il viaggio a Camerino o perfino una festa, e li asseconda; versa il sonnifero nella minestra ovvero propone un brindisi col limoncello, accettato dalle vittime che nulla sospettano, probabilmente si conversa sui giorni prossimi venturi. I due si avviano verso la propria camera da letto e iniziano a spogliarsi ma, quando sono a metà dell’operazione, perdono i sensi. A quel punto arriva Aral, che li sigilla e li lascia spirare nel buio dei sacchi, forse facendo un po’ più forza su di lei, in quanto si trova un’orma parziale di scarpa ginnica (compatibile con quelle del ragazzo) sul fianco destro della donna. In quel mentre arriva una telefonata dal circolo del tennis, per avvisarlo dell’annullamento di una partita prevista, ma ovviamente lui non può rispondere, perché intento al suo tragico gesto; lo farà alla seconda telefonata, verso le dieci e mezzo. Il giorno dopo, stravolto, dormicchia in servizio e, sempre in preda allo stordimento, va al circolo del tennis, dimenticandosi dell’avvertimento a non presentarsi, della sera prima, così resta un poco a guardare i campi. Torna a casa e poco importa se essa è in silenzio, perfettamente pulita e ordinata (a parte la pentola di minestra, non lavata, sul fornello). Lui sa bene il perché, ha provveduto a pulire, e la lavastoviglie risulta spenta in automatico dopo il programma di lavaggio: ma Elena non avrebbe mai dimenticato la pentola sporca. Aral lascia sul tavolo della cucina un biglietto “ Sono a cena, torno tardi”, e in effetti ci va, come nulla fosse. In realtà, nelle sere Aral non si limita a dormire, ma, come da perizia sul PC, visita siti pornografici, forse per scaricare la tensione. Non si trovano impronte sui sacchi perché egli le ha rimosse; d’altro canto, seppure se ne rilevassero negli altri ambienti, sarebbe ovvio, visto che lui era spesso di passaggio dai suoi. Inoltre, aveva acquistato quel giorno un boccettino del farmaco. Agire di sera gli ha dato tutto il tempo per sistemate la scena a dovere, fin troppo.
Tesi innocentista: ovvio che Aral avesse sonno, poiché prendeva il sonnifero e quella notte aveva anche dormito con qualche disturbo. Normale che la mattina presto sia filato a lavoro senza badare ad altro, nel presupposto che i genitori dormissero ancora. Esce dall’esterno e non fa caso all’auto di papà ancora parcheggiata. La Giammattei potrebbe non raccontarla giusta, in quanto non dice subito ciò che pensa a chi la interroga, ma va prima a “ cantare” con la stampa; e davvero con una semplice telefonata poteva permettersi un’assenza di due giorni, a ridosso del week end, senza ottenere un formale beneplacito dei datori di lavoro? E di più: Aral non poteva sapere di quelle ferie improvvise, pertanto non avrebbe rischiato un simile gesto col rischio di doverlo giustificare con la domestica già poche ore dopo.
Maria Elena era astemia, eccezion fatta per qualche brindisi nelle ricorrenze, in cui si limitava a un sorso più apparente che reale: difficilmente avrebbe accettato di bersi un limoncello. Inoltre, nessuno ricorda il condannato comprare sacchi e scotch. La famiglia aveva problemi economici. Gaspare teneva un preservativo nella giacca. Il movente è debole: Aral aveva esitato a confessare la verità proprio per non aggravare l’ansia dei genitori, soprattutto dell’adorata mamma, afflitta da problemi di salute. Il piano omicidiario è diabolico, frutto di una pianificazione da killer professionisti.
Prima di esprimere dubbi e porre domande, sentiamo un parere su questo famoso medicinale Minias: “… Il fatto che i mega assuntori preferiscano le gocce, si spiega poi col fatto che esse hanno uno squisito odore-sapore, intensificato dalla presenza di alcool; l’alcol, col suo profumo, è già evocativo di stati euforici ed obliosi ben noti a tutti, e questo, unito alla squisita aromatizzazione del preparato, rende tali gocce assai appetitose, anche psicologicamente. Va inoltre considerato che in una bottiglietta di Minias gocce c’è un quantitativo non trascurabile di alcool e quindi il suo effetto non è solo psicologico: una bottiglietta di Minias contiene il quantitativo d’alcol presente in circa 200 ml di vino o mezzo litro di birra…Minias che tante vite ha rovinato e rovinerà. Se un governo permette che un’industria faccia tale pubblicità ad un prodotto “tossico” pur sapendo quanto è pericoloso per la salute dei cittadini, è proprio vero che oggi chi governa l’europa occidentale non sono i primi ministri ma le grandi industrie multinazionali, le quali guardano solo ai propri abietti interessi economici e non certo al bene dell’umanità. - angelomercuri.it, 2 agosto 2019.
Orbene, iniziamo proprio da qui. Abbiamo ascoltato pareri medici, ma questa valutazione dello scorso anno ci colpisce particolarmente. Forse che non c’era bisogno di bere alcol, per rinvenirlo nel sangue, visto che il Minias già lo conteneva? E se è stato detto più volte che Elena lo assumeva, nulla sappiamo di Gaspare, però anch’egli presentava questo benedetto sonnifero nel sangue: Aral non parla mai del papà come aduso ai sonniferi, solo della madre, e dunque? E ancora: come sappiamo del limoncello? C’era una bottiglia in casa, dei bicchierini ad hoc, magari ripuliti e asciugati da poco? Mistero.
Dove mangiava Aral? Non passava da casa per arraffare uno spuntino, come avrebbe fatto qualunque figlio di famiglia? Il suo monolocale era collegato con la casa parentale da una scala: si doveva pur avvertire qualche rumore o, di converso, notare un silenzio innaturale, senza né televisione né conversazioni, né qualche rumore tipico di chi “spiccia casa”: il giovane non aveva notato l’assenza della governante? A proposito di quest’ultima: va bene che nel 2002 si contavano ancora molte persone senza cellulare, ma se davvero uno stringente problema familiare l’aveva costretta a dare forfait, possibile che non potesse avvertire almeno Aral, che non disponesse del numero del suo portatile? Così libera di presentarsi o meno, era la Giammattei? E davvero i Gabriele non l’avrebbero avvertita di una loro trasferta a Camerino? Visto il ventennale servizio e l’affetto che la stessa colf dichiarava esserci tra loro, ci si sarebbe attesi forse perfino l’invito ai festeggiamenti…
Gli altri misteri. Il giovedì 21 marzo risulta un passaggio di telefonate tra un’utenza presuntivamente collegata ai servizi segreti e Aral, ma il processo non ha chiarito il perché. Tanto ci traghetta a certi articoli del noto avvocato ed esperto di esoterismo Paolo Franceschetti, che ha più volte espresso scetticismo per le tesi ufficiali che condannano i colpevoli. Ma pure, ci porta a riflettere su certe dichiarazioni di Aral, che ha insinuato di rapporti tra suo padre e la banda della Magliana e denuncia la sottrazione di una agenda verde di Gaspare ( che secondo i colpevolisti, potrebbe ben aver sottratto lui, per ovvie ragioni).
Mettere a mezzo i birbaccioni più famosi di Roma va sempre bene, ma potremmo essere più realisti del re e più “Franceschetti” di quanto non sia l’avvocato stesso: esisteva una banda, o parliamo di un brand che nasconde altre ramificazioni, peraltro già in parte smascherate dai processi? E se pure nei primi anni duemila, pur mutilata, l’abietta compagine di criminali ancora avesse governato la capitale, Gaspare l’onesto, con la sua devota moglie, davvero aveva a che farci? Il mondo delle aste può essere pericoloso, ma fino a quel momento il dottor Gabriele ci si era mosso bene. E che professionisti abili: invece di sparare, o al limite strozzare i malcapitati, così come li trovano, li fanno spogliare all’unisono, perdono tempo a impacchettarli, poi li lasciano lì. Di solito non si ritrova tanta premura, in questo genere di criminali, col rischio poi del ritorno del figlio da un momento all’altro.
E il famoso preservativo nella tasca di Gaspare? Non si capisce in che modo esso potrebbe rappresentare un elemento a favore dell’innocenza, casomai di attenzione e protezione verso la compagna non più giovane. Non esiste solo lo scopo di contraccezione, come tutti sappiamo.
Uno dei difensori di Aral, l’avvocato Luigi Di Majo, già molto presente in televisione come conduttore di Chi l’ha visto, giudice di Forum e altro ancora, fa notare che la condizione di studente fuori corso è molto comune tra i giovani italiani, e qui chiuderemmo il cerchio.
Ci racconta qualcosa, questo dato, o continueremo ancora per molto a farci scivolare tutto il male che questa società sta fabbricando senza smaltirlo, se non con qualche virus che tiene ferma la gente a casa, perché non si riesce ad arginarne le malefatte in altro modo?
Come è possibile ingannare i genitori, e, nel caso di specie, non due analfabeti, ma professionisti che conoscono il mondo, e far loro credere in una laurea che è ben di là da venire? Perché poi un ragazzo romano andava a studiare a Camerino? Certo che spesso i giovani utilizzano l’Università come parcheggio, ma i genitori lo sanno, nella maggior parte dei casi: e nei già libertari anni duemila nemmeno il severo Gaspare avrebbe rimproverato più che tanto il figliolo, che avrebbe goduto dello scudo materno senza alcun dubbio.
Infine, cos’è oggi l’Università? Serve davvero andarci, o il signor COVID inchioderà tutti on line e i genitori potranno scoprire, in tempo reale, eventuali ribalderie di un figlio manigoldo?
“Uccise i genitori Ottiene un risarcimento per detenzione inumana”. Il Tirreno, 26 luglio 2018