In un 2020 drogato dai numeri della pandemia, incuriosisce la notizia pubblicata dal Time della studentessa Gitanjali Rao premiata "Kid of the year", impropriamente tradotto come la bambina dell'anno. 

Già, perché alla recente paura del genio italico verso il mondo esterno - racconta il chirurgo oncologo Alberto Vannelli, Direttore della chirurgia generale al Valduce - si aggiunge la storica difficoltà peninsulare nel trovare corrispondenze con una lingua di derivazione anglosassone: quasi una nemesi storica verso la perfida albione.

Lo storico settimanale americano che ogni dicembre proclama la persona dell’anno, ha aggiunto la nuova categoria di giovanissimo dell’anno; una geniale intuizione a cui hanno partecipato 5000 americani di età tra gli 8 e i 16 anni. La vincitrice non è la solita “bambina prodigio” o meglio lo è certamente, ma non è il tema centrale e lo si capisce perfettamente guardando la video intervista con Angelina Jolie (tre minuti e mezzo che consiglio vivamente); un momento di intenso lirismo etico e un concreto esempio per affrontare le sfide del futuro. È stata premiata per Tethys, la macchina a batteria che rivela la quantità di piombo nell’acqua potabile, ma a stupire è Kindly: l’app per individuare atti di cyberbullismo. Un logaritmo abbina una parola o una frase che stai scrivendo così da capire se è bullismo, l’app permette solo di modificarla o inviarla com’è. Un’idea geniale che rivoluziona il concetto di prevenzione: non punire, ma dare la possibilità di pensare a ciò che stai scrivendo in modo da scegliere cosa fare la prossima volta.

Quello che più affascina della giovane studentessa, è la missione per il futuro: creare una comunità globale di giovani innovatori in grado di risolvere i problemi che affliggono il mondo. Per certi versi l’iniziativa del Time rappresenta la risposta laica all’evento di novembre fortemente voluto da Papa Francesco: “Economy of Francesco”. Il Pontefice rivolgendosi ai giovani riuniti ad Assisi, ha chiesto di essere: profeti di un’economia attenta alla persona e all’ambiente e dare speranza al proprio domani, a vantaggio non solo dei poveri, ma dell’intera umanità. Due modelli che convergono in un’unica lezione per ogni cittadino: il rinnovamento culturale come arma per la sopravvivenza della società.
In Italia il settore della cultura intesa come formazione del cittadino sul piano intellettuale e morale e l'acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società, vive una fase di profonda tensione; l’emergenza pandemica non ha fatto altro che esacerbare le disorganizzazioni e le anomalie di un sistema fondato su basi troppo fragili ed instabili che non si è riusciti ad adattare alle mutate sfide del terzo millennio. I maggiori ambasciatori della cultura nel mondo, sono sicuramente italiani, ma come ricordava il regista teatrale Luca De Fusco: eccellenze individuali che non sono mai diventate sistema. Impegnati a fronteggiare questa emergenza, Gitanjali Rao e Papa Francesco ci esortano a mettere mano a quelle criticità profonde e purtroppo radicate, coinvolgendo le nuove generazioni di professionisti specializzati, in grado di definire le sfide del presente e interpretare con spensierata lungimiranza i possibili scenari futuri. Sappiamo perfettamente che il crollo del sistema Italia non potrà mai arrivare da una pandemia, quanto piuttosto per l’incapacità della gestione della società, nell’immaginare e favorire nuovi percorsi di crescita e sviluppo culturale. Il termine cultura deriva dal verbo latino "colere": coltivare, ecco perché i destinatari ultimi di questo progetto non possono che essere i giovani.
Marina Mastropierro nel suo libro: “che fine ha fatto il futuro?” stigmatizzava in maniera efficace il problema tutto italiano della disuguaglianza generazionale; una nuova classe di esclusi dal benessere e dalle opportunità del paese che si fa fatica a nominare: i giovani. Una sorta di “criminalizzazione” del giovane come problema da risolvere e una regressione infantile del giovane, debole da attivare (i bamboccioni di Padoa-Schioppa) con il risultato di ridurre l’uguaglianza di opportunità. Come esito finale, ricordava l'illustre economista britannico Anthony Atkinson: “la disuguaglianza dei risultati oggi, si trasforma in disuguaglianza di opportunità domani”.
Il Pontefice invita i giovani a tornare alla mistica: allo spirito del bene comune, affinché un ideale o un indirizzo spirituale possano illuminare la condotta dell’umanità; nel Suo "Evangelii gaudium" del 2013, questo concetto trova tre momenti di azione: “sapersi con gioia amati gratuitamente; diventare missione uscendo da se; comportarsi da fratelli di tutti, con e nel popolo”.
Gitanjali Rao con il suo motto brillante, semplice e diretto “if I can do it, anybody can do it”, rivela un futuro di fiducia, perché i giovani possono fare molto di più di quanto immaginano gli scettici. Due modelli, quello laico e quello religioso per un solo imperativo categorico: impegnarsi ognuno in quello che più interessa e cercare di risolverlo.