Dopo che la battaglia era stata data per conclusa, sono ripresi gli scontri ad Aleppo, quando invece ci si attendeva l'inizio dell'evacuazione delle forze ribelli.
Secondo quanto riportano alcune fonti delle Nazioni Unite e degli stessi ribelli, sarebbero stati gli iraniani, sostenitori di Assad, ad essersi opposti all'evacuazione finché i ribelli non avessero concesso - in simultanea - l'evacuazione dei feriti dai villaggi di Foua e Kefraya.
La nuova scadenza per il ritiro, pertanto, è stata postposta a giovedì. Nel frattempo, però, sono iniziati di nuovo i bombardamenti.
Il cessate il fuoco negoziato da Russia e Turchia avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti, permettendo ad Assad di rivendere ai propri sostenitori la propaganda per la prima vera e grande vittoria ottenuta dall'inizio della guerra.
Ma l'aver ritardato a dar seguito agli accordi, ha fatto sì che nella mattina di mercoledì riprendessero bombardamenti e sparatorie in maniera violenta, tanto da far ritenere ad alcuni osservatori che la speranza di una tregua sembra ormai essere svanita.
Secondo quanto riportato da Reuters, i venti autobus in attesa nel punto concordato per consentire l'evacuazione dai quartieri in cui sono ancora rifugiati i ribelli sono rimasti vuoti, seppur pronti subito a rimettersi in moto e partire.
Il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha però assicurato che in ogni caso la resistenza dei ribelli terminerà entro i prossimi due o tre giorni.
Nel frattempo, aumenta sempre di più la preoccupazione per la sorte dei civili. Si moltiplicano pertanto gli appelli in tal senso di molte organizzazioni umanitarie, come quello di Andrea Iacomini, portavoce dell'UNICEF Italia: «Sono ore sempre più difficili quelle che sta vivendo il popolo siriano stremato da quasi 6 anni di guerra e morte. Se davvero la battaglia di Aleppo è finita non possiamo non domandarci quanti sono i bambini ancora intrappolati in città, quante le vittime innocenti, gli abusi, le violenze e quali sono le condizioni di migliaia di sfollati in questo momento in fuga?
Si è forse conclusa una battaglia ma non la guerra e il mondo non può continuare ad assistere a questo scempio. Ci sono altre 15 città sotto assedio, i bambini sono mutilati, uccisi senza pietà, gravemente scioccati da tutto quello che stanno vivendo come la perdita di genitori o parenti che spesso vengono giustiziati a freddo, torturati o costretti alla fuga. Ospedali, scuole, operatori umanitari sono tutti vittime di questa guerra, la più grave strage di bambini dal dopoguerra ad oggi, senza dubbio peggiore della Bosnia o del Ruanda.
Rivolgo un appello agli italiani, perchè alla giusta ma momentanea indignazione che deriva dalle immagini e dalle notizie di queste ore che giungono da Aleppo uniscano gesti concreti, facciano sentire in tutte le piazze e in tutti i Comuni il proprio grido di condanna e indignazione di fronte ad un conflitto che il popolo siriano non ha voluto. Mi rivolgo al nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché ancora una volta, come già in passato, si unisca a noi nel denunciare con la sua voce alta, autorevole, i crimini perpetrati in quel paese ogni giorno ai danni di bambini innocenti.
In queste fasi di dura lotta politica mi rivolgo al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni affinché assuma la guida di una forte richiesta di pace da parte del Governo italiano e a tutti i parlamentari affinché trovino unità almeno sulla necessità di alleviare le pene di 6 milioni di bambini colpiti dalla guerra siriana nonchè a tutte le agenzie umanitarie impegnate in Italia e in Siria affinchè trovino una sola voce per fermare queste atrocità.»