Gli israeliani negano di aver ucciso la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh e di aver tentato di uccidere il collega che la accompagnava, Ali al-Samoudi, rimasto ferito alla schiena, le cui condizioni però non sembrano destare preoccupazione. 

Ma perché - secondo gli attivisti del mondo ebraico che senza vergogna alcuna (ci sono abituati) tirano fuori lo scudo dell'antisemistismo per giustificare le sistematiche violenze messe in atto dal regime di apartheid di  Israele con la complice connivenza del democratico occidente, baluardo, a seconda delle convenienze, del rispetto dei diritti umani - gli israeliani non dovrebbero essere ritenuti responsabili dell'accaduto?  

La stessa cosa l'hanno già fatta in passato, ripetutamente.

Dal 2000, sono almeno 45 i giornalisti uccisi dalle forze di "difesa" israeliane, in un elenco (pubblicato nell'immagine in alto) fornito dal ministero dell'Informazione di Ramallah e ripreso da Al JAzeera in un articolo in cui ricorda dove e quando tali "crimini" sono stati commessi.

Il suo cognome non è citato correttamente, ma di quell'elenco fa parte anche un italiano, Raffaele Ciriello che a soli 42 anni restò ucciso  il 13 marzo 2002 a Ramallah, in Cisgiordania, da sei colpi sparati da un carro armato israeliano durante la seconda Intifada.

Ciriello stava documentando un rastrellamento dell'esercito israeliano, quando venne inquadrato e ucciso da una raffica sparata da un carro armato: fu il quarto giornalista occidentale ad essere ucciso dall'Idf nei territori occupati.

La magistratura italiana chiese al governo israeliano di rendere noti i nomi dell'equipaggio di quel carro armato, ma ne ebbe un rifiuto nonostante il trattato di collaborazione giudiziaria stipulato tra i due paesi. Il procedimento penale, perciò, venne archiviato. 

Questo a dimostrazione di come gli israeliani conducono le inchieste che riguardano le violenze delle loro cosiddette forze di difesa.

Adesso, israeliani ed attivisti ebrei mettono in dubbio la testimonianza dei giornalisti che hanno accusato i militari israeliani di quello che, evidentemente, non potrebbe essere classificato altrimenti se non come l'omicidio di Shireen Abu Akleh e il tentato omicidio di Ali al-Samoudi. 

Gli israeliani chiedono una inchiesta congiunta per poter poi dire che non è possibile arrivare ad una conclusione e ad un accertamento delle responsabilità. E sono talmente sicuri di non esser responsabili di quanto accaduto che un paio d'ore dopo pubblicavano un video che mostrava alcuni combattenti palestinesi (che ovviamente gli israeliani hanno identificato come terroristi) che, dopo aver sparato, dicevano di aver colpito un membro dell'Idf. 

Però, nel momento in cui la giornalista di Al Jazeera è stata uccisa, non vi era alcuno scontro a fuoco tra israeliani e palestinesi. Inoltre, il vicolo da cui i "terroristi" palestinesi avrebbero fatto fuoco colpendo Shireen Abu Akleh non consentiva alcuna visuale con il luogo dove la giornalista è stata colpita, visto che si trovava in una via parallela a quella indicata nel video.

Oggi si svolgeranno i funerali di Shireen Abu Akleh a Gerusalemme Est, dove lei abitava. Da anni copriva quanto accadeva nei Territori occupati per Al Jazeera in lingua araba. Quindi, era un volto noto, notissimo, per i palestinesi. Oggi, pertanto, saranno in migliaia coloro che cercheranno di partecipare alle esequie che potrebbero diventare occasione per disordini e scontri, anche per le provocazioni israeliane che già ieri hanno ostacolato il trasferimento della salma da Ramallah a Gerusalemme.