Martedì scorso il giudice Francesco Maccagnano ha rifiutato la proroga di 9 mesi proposta ArcelorMittal per effettuare i lavori di messa in sicurezza per l'Altoforno 2 dell'ex Ilva a Taranto, dopo che il periodo di 3 mesi concesso in precedenza è trascorso senza che l'azienda abbia provveduto ad effettuare gli opportuni interventi e a mettere in sicurezza l'impianto sotto sequestro per la morte di un operaio.

Interverrà probabilmente il governo con una decretazione d'urgenza per mantenere in attività l'altoforno e bloccare la richiesta del giudice. Chiudere l'altoforno, una procedure che comunque richiederebbe diverse settimane per il suo completamento, significherebbe renderlo definitivamente inutilizzabile, date le caratteristiche di quel tipo d'impianti.

Dal Governo si attende anche la formulazione di una proposta da sottoporre ad ArcelorMittal come alternativa al piano industriale stilato dall'azienda franco-indiana. Secondo quanto anticipato dal ministro dello Sviluppo Patuanelli alle organizzazioni sindacali, il governo vorrebbe rilanciare la produzione di acciaio facendo intervenire lo Stato nella proprietà dell'acciaieria, migliorandone i processi di produzione in modo che questa possa diventare sostenibile dal punto di vista ambientale. Questo prevederebbe l'impiego di nuove tecnologie (elettrico, gas, preridotto), con la progressiva riduzione dell'utilizzo del carbone e manterrebbe inalterati i livelli occupazionali, seppur attraverso il ricorso alla cassa integrazione. L'obiettivo sarebbe quello di produrre 8 milioni di tonnellate annue di acciaio.

Al piano industriale, si affiancherebbero anche una serie di misure risarcitorie per Taranto: con investimenti, recupero del centro storico e del quartiere Tamburi, miglioramenti al porto e nuovi insediamenti di società partecipate nell'area.