L'ultimo "servizio" offerto dall'agenzia di rating Moody's agli investitori è stato pubblicato nella tarda serata di venerdì e riguarda l'Italia.
Forse anticipando di una settimana il proprio giudizio, Moody's ha declassato la credibilità del debito pubblico a lungo termine del nostro Paese a Baa3 con previsione stabile, l'ultimo gradino nella sua classifica di merito, che precede quello che indica gli investimenti a rischio.
Al giudizio di Moody's, motivato dalla bassa crescita e dal debito elevato dell'Italia, ha contribuito anche la "manovra del popolo", poiché l'agenzia ha ritenuto che gli obiettivi di bilancio in deficit per i prossimi tre anni non produrranno un aumento del Pil tale da diminuire il debito pubblico che, invece, rimarrà intorno al 130% del PIL, livello che potrebbe rendere l'Italia vulnerabile a eventuali futuri contraccolpi negativi dell'economia.
Moody's giudica che i piani economici del governo non consentiranno al Paese di superare il problema della bassa crescita, con un Pil tendenziale visto intorno all'1%.
Parlando questo sabato al Convegno dei giovani imprenditori di Confindustria, che si svolge a Capri, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, in merito alla legge di bilancio e al giudizio di Moody's, ha detto le seguenti parole (riportate da Il Sole 24 ore):
«È evidente che sia la lettera della Commissione europea, che il declassamento erano nelle cose. La sfida che il governo deve fare propria è sulla crescita, spiegare l'analisi di impatto di questa manovra, evidentemente correggerla, postando più risorse sulla crescita... altrimenti la partita è persa.
Questo governo vuole definire una sfida: quella che attraverso la crescita si può sforare e anche di un punto il rapporto deficit/Pil e che attraverso la crescita si rende sostenibile la manovra e, aggiungiamo, ci si gioca anche la credibilità del governo.
Questo cambierebbe il paradigma di pensiero, cioè partirebbe dagli effetti sull'economia reale. Ma per farlo occorrerebbe spiegare bene qual è il fattore di crescita che è in questa manovra, ad oggi non è chiaro. Le risorse in valore assoluto non fanno sperare bene. Occorre cogliere, dare una sfida al governo e da parte nostra lo faremo oggi: quella di aprire un grande confronto sulla crescita.
I tempi sono stretti, anche date le agenzie. Il Paese ha grandi potenzialità. Se ce la fa e tra qualche mese cominciamo a crescere in termini di occupazione e di export, l'Italia ha vinto la grande stagione riformista europea.
Se non ce la fa perché usa le risorse solo per fare deficit e debito strutturale, evidentemente la partita è persa.»
In un'intervista al Corriere della Sera, sorprendentemente, il premier Giuseppe Conte ha dichiarato, difendendo la «bella» "manovra del popolo" che «la reazione dei mercati è più difficile da gestire. Le speculazioni finanziarie non le possiamo controllare. E certamente le tensioni politiche nella maggioranza non sono arrivate nel momento migliore…»
Ci saranno pertanto dei ripensamenti? Conte, come è chiaro a chiunque, non ha voce in capitolo in questo Governo e la dichiarazione odierna del vicepremier Matteo Salvini, da Cernobbio, fa credere che si andrà al muro contro muro: «Il Governo andrà avanti nonostante le agenzie di rating, i commissari europei e qualche incomprensione interna e io faccio esercizio di yoga per superarla e la supereremo.
Siamo qui per rispondere ai problemi degli italiani, non per fare saltare i governi, né per farci impaurire dalle agenzie di rating, che in passato hanno clamorosamente dimostrato di fallire i loro giudizi, come falliranno questa volta.
L’Italia è un paese solido... l’outlook è stabile... mi dicono gli esperti che l’importante è che l’outlook fosse stabile.»
Da notare, infine, quanto sia singolare il modo di ragionare di Salvini che da una parte dice di considerare sbagliato il giudizio di Moody's e dall'altra si preoccupa che per il futuro dell'economia italiana sia stato espresso il giudizio stabile e non negativo.
Ma in tempo di cambiamenti, ormai, non dobbiamo più stupirci di nulla.
Infine, sulla stessa linea dell'alleato di governo, l'altro vicepremier, Luigi Di Maio che in mattinata, davanti Palazzo Chigi, sulla manovra ha rilasciato ai giornalisti la seguente dichiarazione, ripresa dall'Ansa: «A nome del governo smentisco che si sia pensato ad una riduzione del deficit che resta al 2,4%.
Se dovessimo ridurlo, non avremmo la riforma della Fornero, il reddito di cittadinanza. Accolgo il responso di Moody's con un grande sorriso, ce l'aspettavamo. Ad ogni modo, si parla di un'Italia con un risparmio solido.»
Di Maio, utilizzando lo stesso concetto che al tempo usò il suo avversario politico Silvio Berlusconi, pensa che il risparmio degli italiani possa mettere al riparo il Paese da un innalzamento dei tassi d'interesse su prestiti e mutui dovuto ad uno spread eccessivamente elevato? Senza dimenticare che i BTP in pancia alle banche italiane finirebbero anche per pesare sul giudizio della loro quotazione in Borsa, rendendole appetibili alle speculazioni delle banche straniere.
Una spensierata leggerezza, nelle dichiarazioni dei due titolari del cambiamento, che non pare affatto adeguata alla reale gravità della situazione.