Un faccia a faccia indiretto e inatteso, sicuramente non voluto e non desiderato dal Governo del cambiamento, quello tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Matteo de Bellis, ricercatore su asilo e migrazioni di Amnesty International.

Nell'incontro con la stampa nazionale tenutosi nel primo pomeriggio di giovedì nella Sala degli Arazzi di Palazzo Chigi, "in prossimità della pausa estiva", tra gli argomenti trattati da Conte anche quello relativo alla questione migranti.



Queste le sue parole riprese dalle agenzie di stampa:

«Credo che sull’immigrazione i dati parlino per noi: in due mesi di governo c’è stato tra l’80 e l’85% di sbarchi in meno. E’ un risultato positivo perché significa meno rischi per i migranti nell’attraversamento del mar Mediterraneo.

Il nostro approccio è molto rigoroso, non abbiamo mai messo in discussione il soccorso umanitario, abbiamo sempre assicurato la disponibilità a prendere a bordo donne incinte, bambini, persone sofferenti, ma abbiamo cambiato l’atteggiamento. Ci sono stati 34 mila morti in mare e la politica che si perseguiva fino a ieri non offriva garanzie umanitarie.

Ho studiato il problema dei migranti, il fatto di averlo preso di petto nasce anche da un atteggiamento di responsabilità. Si può dire che il governo sia fascista, razzista, c’è libertà di stampa e opinione, ma a noi interessa la soluzione dei problemi e credo che possiamo dirci orgogliosi di aver impresso una svolta in senso positivo e virtuoso per evitare che il Mediterraneo sia il cimitero dei migranti. E abbiamo ottenuto anche una svolta in Europa, è un risultato importantissimo fino a un attimo prima insperato. Adesso lavoriamo per implementare e massimizzare gli obiettivi.»


Al di là di sapere che cosa ne penserà Matteo Salvini dei risultati di cui Conte si attribuisce il merito, negli stessi istante, Amnesty pubblicava un comunicato dove si racconta una versione diversa della questione migranti, tanto da ritenere l'Europa (e l'Italia) responsabile dell’aumento del numero di quelli morti nel Mediterraneo centrale.

Secondo Amnesty International la chiusura della rotta del Mediterraneo centrale ha causato, solamente fra giugno e luglio 2018, almeno 721 morti in mare, come indicato nel briefing pubblicato oggi titolato "Fra il diavolo e il mare profondo".

E nell'analisi di Amnesty si pone l'accento anche su quelle che vengono definite le "nuove politiche italiane, che hanno tenuto persone alla deriva per giorni", oltre a valutare "come i paesi dell’Unione Europea stiano mettendo in atto accordi per trattenere rifugiati e migranti in Libia, dove sono a rischio di tortura e violazioni".

«Nonostante una diminuzione nel numero delle persone che hanno cercato di attraversare il Mediterraneo negli ultimi mesi, il numero delle morti in mare è salito. La responsabilità per la cifra in aumento cade tutta sui governi europei che si preoccupano più di tenere fuori le persone che di salvare vite - ha dichiarato Matteo de Bellis, ricercatore su asilo e migrazioni di Amnesty International. -

Le politiche europee hanno aiutato la Guardia costiera libica a intercettare persone in mare, abbassato la priorità delle operazioni di salvataggio e ostacolato il vitale lavoro di salvataggio svolto dalle Ong. Il recente aumento del numero dei morti non è solo una tragedia, è una vergogna

Amnesty ricorda che l’aumento del numero degli annegamenti è stato accompagnato da un "drammatico aumento del numero delle persone arbitrariamente trattenute in centri di detenzione sovraffollati in Libia. Il numero dei detenuti è più che raddoppiato negli ultimi mesi, passando dai 4.400 di marzo ai più di 10.000 – fra cui 2000 donne e bambini – della fine di luglio. Praticamente tutti sono finiti nei centri dopo essere stati intercettati in mare e riportati in Libia dalla Guardia costiera libica, che è equipaggiata, formata e appoggiata dai governi europei."

«I governi europei - ha proseguito de Bellis - colludono con le autorità libiche per fermare rifugiati e migranti in Libia, a dispetto delle orribili violazioni che questi affrontano nelle mani della Guardia costiera libica e nei centri di detenzione in Libia. I progetti di estendere questa politica di esternalizzazione in altri paesi sono profondamente preoccupanti.»


Nel comunicato, Amnesty descrive anche ciò che l'Italia ha fatto negli ultimi due mesi chiudendo i porti alle navi che trasportavano persone soccorse in mare fino ad arrivare a "ingiustificati ritardi" nelle operazioni per il loro sbarco, quando le navi riuscivano ad approdare nei porti italiani.

«In questo spietato rifiuto di concedere a rifugiati e migranti di sbarcare nei porti, l’Italia sta usando le vite umane come pedine di scambio. Persone disperate sono state lasciate in mare con cibo, acqua e riparo insufficienti, mentre l’Italia tenta di aumentare la pressione politica per ottenere una condivisione di responsabilità con altri stati europei - ha detto de Bellis. -

E oltre a tutto questo, le autorità italiane e maltesi hanno calunniato, intimidito e criminalizzato le eroiche Ong che cercano di salvare vite in mare, hanno negato alle loro barche il permesso di sbarcare e le hanno anche sequestrate.

L’Italia e gli stati e le istituzioni europee devono agire urgentemente per rendere il salvataggio in mare una priorità e assicurare che le persone salvate siano rapidamente fatte sbarcare in paesi dove non saranno esposte a violazioni gravi e dove possano chiedere asilo.»

Amnesty non ha neppure dimenticato di citare i casi in cui "si sarebbero verificate violazioni del diritto internazionale. Fra questi, un episodio del 16-17 luglio, quando la Ong Proactiva ha trovato una donna ancora in vita e due corpi su un’imbarcazione che stava affondando dopo un intervento della Guardia costiera libica, e il respingimento verso la Libia di 101 persone da parte dell’imbarcazione commerciale italiana Asso Ventotto il 30 luglio".

«Questi gravi episodi devono essere prontamente ed adeguatamente investigati e mettono in luce le conseguenze delle politiche europee.

I governi europei devono uscire dal circolo vizioso della chiusura e dell’esternalizzazione che hanno creato, mentre dovrebbero investire in politiche che portino ordine nel sistema, offrendo a rifugiati e migranti la possibilità di percorsi sicuri per viaggiare in Europa», ha concluso de Bellis.