La Tv pubblica costituisce un enorme bacino di ammaestramento delle masse ed è un circo che deve essere maneggiato con estrema attenzione. Negli ultimi decenni ha rafforzato le sue forme di condizionamento grazie all’inasprimento delle lottizzazioni cui è corrisposto un progressivo impoverimento autoriale.
In un teatro di penosa qualità, abitato dai cani arrabbiati delle nomine politiche, il grande vascello del servizio pubblico ha mantenuto, seppur precariamente, un suo profilo accettabile. Almeno fino allo scorso anno.
L’arrivo della squallida armata, con a capo la Giorgia nazionale, ha immediatamente prodotto effetti catastrofici. La rapida emorragia di figure iconiche e programmi storici ha privato i telespettatori di riferimenti familiarizzati e ha causato un sensibile calo di ascolti.
Nello stesso tempo è stata offerta agli Italiani la prova schiacciante (e definitiva) che la RAI è una terra di conquista esposta a guerre prive di regole. Un messaggio dannoso che ha inficiato l’immagine delle Rete Mamma, compromettendo un rapporto che, malgrado tutto, riusciva a sopravvivere bene anche nelle intemperie di un etere sempre più trafficato.

Ma probabilmente il guaio peggiore è stato quello di non avere né volti né cervelli in grado di riempire i vuoti lasciati dai predecessori e rilanciare la Rete con una proposta degna di definirsi tale.
Non serve un guru della comunicazione per presagire il flop di Mario Sechi e dei vari conduttori di sola pancia immessi nei palinsesti.

È vero che alla Locanda della Sora Meloni non albergano raffinate intelligenze ma le strategie che sono state utilizzate sono talmente grossolane e autolesioniste che non possiamo fare a meno di aggiungere al disprezzo anche una buona dose di sospetto.

Non si può eludere quindi il tema relativo a una qualche volontà di demolizione della Tv pubblica.
Qualcuno dirà che è un argomento di cui si parla da tanto ma è altrettanto vero che nel frattempo, sul panorama nazionale, si sono imposti broadcaster di assoluta rilevanza. Grandi volti e format di successo sono traslocati proprio sui nuovi canali, portando via con sé una bella fetta di pubblico e di fatto, si sono intaccati gli equilibri e la credibilità della Rai.
Se poi aggiungiamo il cambio di direzione, per certi versi imprevisto, manifestato da Pier Silvio Berlusconi per la futura composizione dell’offerta Mediaset, l’orizzonte di un riassetto generale dei consumi televisivi diventa senza dubbio più nitido.
Quando trasferimenti e variazioni di indirizzo assumono dimensioni così rilevanti è difficile collegarle a una semplice casualità e il buco nero che sta creando la Rai nella galassia della televisione ha velocemente trovato validi operatori pronti a ripristinare l’impianto dei palinsesti rimossi dagli uffici di Viale Mazzini.

Il pronostico di una rete pubblica fortemente depotenziata nel giro di pochi anni non è quindi così azzardato e i segnali che qualcosa di grosso stia avvenendo ci sono tutti.

In principio fu la P2 ad avere tra i suoi obiettivi la privatizzazione, e quindi l’eliminazione, della Tv di Stato.
Serviva forse un drappello di utili idioti per determinare la tempesta perfetta e bisogna dire che le scelte, di sola pancia e niente cervello, si stanno rivelando quantomai efficaci per raggiungere quel traguardo.
…peccato per loro che questo governo non durerà abbastanza per dare ulteriore corso alla cialtroneria di cui sono meravigliosi protagonisti.

Stefano Pierpaoli