L'incontro di rivincita tra Anthony Joshua e Andy Ruiz, che si è svolto sabato nell'Arena di Dirʿiyya in Arabia Saudita, è stato un vero match di pugilato, rispetto alla precedente sfida del 1 giugno scorso disputatasi al Madison Square Garden, che invece era sembrata più una sceneggiatura, oltretutto poco credibile, di un film made in Hollywood.

Per chi non abbia visto l'incontro o non ne conosca ancora l'esito, il pugile britannico di origini nigeriane Anthony Joshua si è ripreso i 4 titoli di campione del mondo per le quattro diverse associazioni pugilistiche, persi nella precedente sfida, vincendo nettamente ai punti contro uno "stizzito" Ruiz.

Un verdetto sacrosanto, inequivocabile e inappellabile.


Come sarebbe andato a finire il match era chiaro fin dal momento in cui i due pugili sono saliti sulla bilancia alla vigilia dell'incontro. Rispetto alla volta scorsa, Joshua pesava 5 kg in meno, non raggiungendo neppure i 110 kg. Al contrario, il pugile americano di origini messicane pesava tra i 6 e i 7 kg in più della volta scorsa, sfiorando i 130 kg.

Cosa significava tutto ciò?

Che Joshua, nel match di sabato avrebbe avuto gioco facile facendo quello che un pugile come lui avrebbe dovuto fare (ma che invece non aveva fatto) anche a giugno: sfruttare l'allungo (grazie ad una differenza di altezza di 10 cm), girare costantemente intorno all'avversario, mantenere la distanza e colpire raddoppiando i colpi quando non vi erano rischi da correre.


Ed è proprio con questa tattica che Joshua ha condotto tutte e dodici le riprese, contro un Ruiz piantato a centro ring, in attesa di scagliarsi sull'avversario sfruttando le tre armi a sua disposizione: la capacità di incassare i colpi, la massa del suo corpo da far sentire all'avversario nel momento di un attacco per impedirgli di svincolarsi e l'incredibile e insospettabile velocità con cui è in grado di portare i suoi colpi.

Sabato, però, Ruiz ha commesso due errori.

Il primo, relativo al fatto che non ha saputo accorciare la distanza da Joshua per portare i suoi colpi. Vi è riuscito solo in rare occasioni, mettendo in difficoltà il pugile britannico, che però ha avuto la lucidità di non rispondere e di sfuggire in tempo agli attacchi.

Il secondo errore è stato di strategia. In pratica, Ruiz confidava di poter costringere Joshua a combattere sulla media, corta distanza. Non vi è riuscito e, non avendo una strategia di riserva, è stato sconfitto ai punti con un margine enorme. Il verdetto è stato di 10 riprese perse contro 2 vinte per tutti i giudici, escluso uno che sul suo cartellino ha registrato un 9 a 3.

Quando mancavano 10 secondi al gong dell'ultima ripresa, Ruiz ha smesso di combattere, facendo gesti di sfida nei confronti dell'avversario per invitarlo ad avvicinarsi, cercando di farlo passare per un codardo. Inutile dire che Joshua ha ignorato la provocazione, vincendo meritatamente l'incontro.

Sabato, Ruiz ha confermato di essere un pugile pericoloso e forse imbattibile, in questo momento, solo se riesce a trasformare un match in una rissa da strada. Ma se il suo avversario si ricorda che il pugilato è qualcosa in più di una rissa tra bulli, allora per Ruiz sarà difficile riprendersi il titolo di campione del mondo anche in un'eventuale "bella" con Joshua.