In un passaggio dell'intervista pubblicata questo martedì sul Fatto Quotidiano, il 5 Stelle Luigi Di Maio commenta così l’apertura di Goffredo Bettini (Pd) a un eventuale ingresso di Forza Italia nella maggioranza di governo:

«In questo momento serve il massimo dialogo, e ognuno può portarlo avanti dalle proprie posizioni. Bettini, che stimo, ha ricordato che l’appello di Berlusconi arriva da una forza di opposizione. E anche il capo di FI ha precisato questo».

Inoltre, Di Maio aggiunge: «Non mi risultano richieste di questo tipo. ... Nessuno scambio. C’è stata un’azione molto chiara da parte del ministero dello Sviluppo economico per tutelare un’azienda italiana, come abbiamo sempre fatto».

Quest'ultimo passaggio è il nodo della questione e fa riferimento alla "Conversione in legge del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020".

In particolare ad un emendamento in esso contenuto presentato dalla relatrice Pd Valeria Valente per "proteggere" Mediaset, società della famiglia Berlusconi da eventuali scalate di società estere. 

Nella Commissione Affari Costituzionali dove era stato presentato, la Lega di Salvini aveva votato contro. Mentre in Aula, al Senato, è stato lo stesso Matteo Salvini a correggere il tiro, annunciando l'astensione del suo partito con queste motivazioni:

«Signor Presidente, ci tengo a intervenire personalmente perché sono giorni che leggiamo di tutto e di più su un emendamento, che peraltro è oggetto anche dell'apertura di «Dagospia», su questo presunto scambio, a cui io non credo, su questo presunto inciucio Conte-Berlusconi-Forza Italia-maggioranza di Governo. Siccome io non credo e mi rifiuto di credere a queste cose, e ne ho parlato oggi stesso con il presidente Berlusconi, ci tengo a ribadire che Mediaset è una grande azienda italiana che va tutelata, a prescindere dalle simpatie politiche o partitiche. Quindi, se c'è una grande azienda italiana, come possono essere Telecom o un'altra azienda domani, che è bloccata nella sua operatività da qualcuno che - italiano o straniero - ha altre mire rispetto a quella della funzionalità dell'azienda, su questo bisogna intervenire. Pongo un problema di metodo: serve superare una normativa riformata da una sentenza della Corte europea, vecchia di quindici anni? Sì. Serve tutelare la concorrenza e il mercato in un settore delicato come quello dell'informazione pubblica e privata? Sì. Serve dare certezze agli operatori del settore? Sì. Serve tutelare ogni piccola o grande azienda italiana da possibilità di scalate o acquisizioni? Sì. Serve farlo con una riforma organica, a cui la Lega e l'intero centrodestra non vedono l'ora di dare il proprio contributo. Gli emendamenti che arrivano alle dieci di sera e arrivano in Commissione alle nove della mattina non sono il modo migliore per risolvere questo problema. È solo questo il ragionamento, senza retropensieri. Pensiamo a parti invertite - lo dico agli amici dell'attuale maggioranza, del PD e del MoVimento 5 Stelle - se un'operazione del genere l'avesse fatta un relatore della Lega, come avrebbe reagito qualcuno in quest'Aula del Senato della Repubblica. Quante ipotesi di inchieste sarebbero partite? Noi badiamo alla sostanza, non alla forma. Si vuole dare tempo per arrivare a questa riforma? Bene. Si vuole evitare che una sentenza della giustizia civile italiana, riprendendo una sentenza secondo me quantomeno opinabile della Corte europea, vada a bloccare l'operatività di grandi aziende come Mediaset, Telecom o altre aziende italiane? Prendiamoci questo tempo, ma una grande riforma non si fa di notte, attraverso un emendamento a un decreto Covid, ma si fa con trasparenza in quest'Aula, perché ne hanno bisogno l'Italia e gli italiani. Noi, quindi, non abbiamo altri ragionamenti o retropensieri per dare fiducia sul fatto che arriverà in quest'Aula questa riforma. Noi ci asterremo su questo provvedimento e ci rifiutiamo di credere a tutte le ricostruzioni che sono state fatte in queste ore su questi giornali e su questi siti, perché il centrodestra è maggioranza nel Paese, prima o poi tornerà maggioranza anche in quest'Aula e se non le fate voi, le riforme, in maniera trasparente, le faremo noi.»

"Politicamente", come interpretare quanto accaduto, riportato in precedenza?

In maniera molto semplice. A detta dei più, l'emendamento Valente è realmente anticostituzionale e comunque metterà l'Italia al rischio concreto di sanzioni da parte dell'Ue. Perché allora approvarlo? Perché Berlusconi ha chiesto questa sorta di protezione contro Vivendi, in cambio dell'appoggio di Forza Italia al Governo... perlomeno nel caso in cui tale appoggio si renda necessario per il resto della legislatura.

Questo è il non detto che tutti hanno dedotto in seguito all'emendamento Valente, a partire dalla Lega che in Commissione aveva votato no, facendo intendere a Forza Italia di aver capito ciò che stava accadendo e mandando così, al partito di Berlusconi, una sorta di altolà, che però non era stato accolto tanto bene dai forzisti.

Così lo aveva commentato il senatore di Andrea Cangini: «La realtà supera la finzione e svela la vacuità di certa retorica politica. In commissione Affari costituzionali del Senato, la Lega ha votato contro la norma che difende le aziende nazionali di telecomunicazioni da scalate straniere (caso Mediaset-Vivendi). Matteo Salvini, evidentemente, ha cambiato slogan: da "prima gli italiani" a "prima i francesi"». 

E così aveva aggiunto Osvaldo Napoli, dalla Camera: «Il voto contrario della Lega sull'emendamento che tutela le telecomunicazioni italiane e difende Mediaset dalle mire ostili di Vivendi, rivela fino in fondo chi è il vero Salvini».

Morale della vicenda? Salvini sa di essere stato messo di mezzo, Berlusconi ancora una volta passa all'incasso anche con il 7% di consensi nel Paese e i grillini, dopo essere diventati "piddini", adesso si sono pure trasformati in "forzitalioti"... come avrebbero detto un tempo.

Ma, come ha ricordato oggi Di Maio, 

«era opportuno che il MoVimento 5 Stelle iniziasse a darsi una struttura, tenendo fede ai suoi valori, ai suoi principi, che significa analizzare i fatti per quello che sono, senza precondizioni ideologiche. Non esistono cose di destra o di sinistra. Esiste l’Italia, il Paese. E dunque esistono misure giuste o sbagliate, in relazione agli interessi e alle esigenze dei cittadini. Ad esempio il lavoro e il fisco, la sicurezza e i flussi migratori, i diritti.Con gli Stati Generali abbiamo avviato una nuova fase, di maturità, per mettere a sistema tutto questo. Arriverà un organo collegiale, che saprà interagire meglio con la nostra base e gli attivisti, da sempre il motore del M5S.Questo dovrà spingerci a credere più in noi stessi e ad assumere un ruolo decisivo all’interno del governo. Siamo la prima forza politica in parlamento, non dobbiamo aver paura di mostrare il nostro peso come fatto già in passato, rispettando sempre la maggioranza in una fase delicatissima per la Nazione». 

E tra poco lo sentiremo pure cantare «meno male che Silvio c'è!»