Secondo gli ultimi dati disponibili rilevati dall’Open Data Inail, in Italia nel 2017 le denunce d’infortunio sul lavoro sono state 635.433 (a fronte delle 636.812 del 2016 con variazione rispetto al 2017 del -0,21%), ben 1.029 quelle relative ai casi con esito mortale (a fronte delle 1.018 del 2016 con una variazione rispetto al 2017 dell’1%) e 58.129 quelle riguardanti le malattie professionali (a fronte delle 60.347 del 2016 con una variazione rispetto al 2017 del -3,6%).

Il 9 aprile 2018 ricorrono i dieci dall’approvazione del Testo Unico di salute e sicurezza sul lavoro – quale risultato della combinazione delle disposizioni dei decreti legislativi n. 81/2008 e n. 106/2009 – che continua ad essere in Italia il punto di riferimento normativo in materia.

Tuttavia, pur contenendo la massima parte delle disposizioni prevenzionistiche applicabili, il T.U. non può definirsi esaustivo dell’intera materia né un corpo normativo consolidato, sia perché oggetto di continue modifiche, sia perché prevede molti provvedimenti di attuazione. E pensare che a dieci anni dalla emanazione, il suo processo di attuazione non è stato ancora completato.

Dalla Relazione sullo stato di applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul possibile sviluppo, che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha trasmesso il 10 gennaio 2017, emerge infatti che sono ancora una ventina i provvedimenti da attuare e alcuni riguardano materie anche di grande rilievo.

Tra tutti ad esempio il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, disciplinato dall’art. 27 del d.lgs. n. 81/2008 che - eccetto il caso degli ambienti confinati per i quali il sistema ha cominciato ad operare positivamente con il DPR 177/2011, e il settore della sanificazione del tessile e dello strumentario chirurgico per la qualificazione del quale è stata predisposta la bozza di un DPR - è rimasto lettera morta per tutti quei settori ad alto tasso infortunistico, ovvero caratterizzati da forti complessità organizzative e da gravi fenomeni di concorrenza sleale.

Questo complesso di norme inattuate produce effetti negativi; in primis l’assenza di tutela per i lavoratori, parallelamente profonde incertezze nella gestione della prevenzione da parte dei datori di lavoro.