Il caso Diciotti: da caso Salvini a caso Di Maio
Il senatore Gregorio de Falco ex grillino cacciato dal Movimento 5 Stelle per il "reato di coerenza", da esterno continua a sottolineare le contraddizioni del "MoVimento".
«L'abolizione dei vitalizi agli ex parlamentari - scrive su Facebook - è stata di certo un segno di coerenza per il Movimento, in ragion del fatto che questo provvedimento è sempre stato un punto qualificante del programma, dunque gliene va dato atto.
Ma consentire che il comitato di garanzia che valuterà i ricorsi proprio su quei vitalizi possa essere appannaggio di Forza Italia, una compagine che storicamente non ha mai nascosto di essere contraria alla cancellazione di quei benefici, mi sembra a dir poco una scelta contraddittoria.
E' come se la decisione di procedere o meno alla realizzazione del TAV Torino - Lione, sulla base dell'analisi costi-benefici, fosse deputata esclusivamente a Salvini e alla Lega, evidentemente e chiaramente favorevoli all'opera.»
Perché riportare questo esempio? Perché è perfetto per dimostrare lo stato confusionale in cui versano i vertici dei 5 Stelle che sommano errori su errori senza dar segno di un qualche ravvedimento. Luigi Di Maio ha dato ampia prova di essere inadeguato sia nel ricoprire il proprio ruolo politico che i ruoli istituzionali che si è assegnato. Inoltre, chi lo dovrebbe consigliare non è in grado di fare meglio... anzi.
Salvini e la Lega hanno sfruttato questa inadeguatezza (che potrebbe essere descritta anche con termini meno eleganti) per intestarsi la guida del Governo e solo le "battaglie" che nell'immaginario degli italiani potevano esser vinte all'istante, lasciando le beghe ai 5 Stelle che, felicissimi di ciò, hanno iniziato a perdere consensi senza capire dove stessero sbagliando e finendo persino per fare lo sbaglio fatale: imitare Salvini per contendergli elettori e voti.
Perché gli italiani dovrebbero preferire Di Maio che imita Salvini, quando hanno la possibilità di votare l'originale? Nonostante il problema sia ben conosciuto e la risposta già scontata, i grillini hanno pure commesso tale errore e adesso, nonostante in Parlamento siano maggioranza, si trovano a dover fare i cavalier serventi a Salvini per evitare che non decida di far cadere il Governo, lasciandoli così letteralmente - dal punto di vista politico - in braghe di tela.
Per questo, sul caso Diciotti, Di Maio e soci si stanno aggrappando con le unghie e con i denti a motivazioni implausibili per evitare che il capitano per nulla coraggioso, Matteo Salvini, finisca a processo, assecondando le sue pretese.
I 5 Stelle, nelle infinite dichiarazioni assertive con cui hanno preteso di essere unici esempi di onestà, moralità e rettitudine, hanno sempre ricordato a noi poveri ipocriti e voltagabbana in base alla convenienza del momento che loro erano i baluardi dell'anticasta... che con loro non vi erano cittadini di serie A o serie B... in primo luogo a partire dai politici. Un esempio di ciò? Se un giudice vuole processare un politico che lo faccia: il politico se è innocente e crede in coscienza di aver operato correttamente non avrà certo paura di farsi processare.
E infatti, i 5 Stelle non si sono certo opposti perché Virginia Raggi venisse processata. E neppure lei si è opposta al processo, chiedendo, anzi, che si celebrasse il prima possibile.
E adesso i senatori 5 Stelle chiamati a decidere se mandare a processo o meno Salvini che fanno? Non lo sanno neppure loro! Prima hanno detto che Salvini doveva essere processato, perché spettava ai giudici decidere se fosse o meno colpevole di sequestro di persona in relazione al caso Diciotti (vedere in proposito le dichiarazioni iniziali di Paragone). Poi, dopo che Salvini ha detto che non voleva sottoporsi al giudizio, allora hanno immediatamente cambiato idea in base ad una interpretazione del tutto personale che Salvini ha fatto di una legge costituzionale.
Finita qui, la questione? Macché! Dopo aver iniziato a riportare tale legge come inappellabile per evitare così di mandare a giudizio il loro alleato di Governo, i grillini hanno dovuto iniziare a fare i conti con la protesta montante da parte di senatori, attivisti e simpatizzanti che, tutti insieme, hanno fatto capire a Di Maio di essere caduto un "tantinello" in contraddizione.
E allora che fare? Meglio buttare la palla sugli spalti dicendo che saranno gli iscritti alla "mitica" piattaforma Rousseau a decidere se mandare o meno Salvini a processo, quasi certamente dopo averli invitati a votare no... sempre presumendo che il risultato di quel voto sia effettivamente reale. Finora, gli attivisti hanno sempre approvato con le stesse percentuali ciò che veniva loro indicata essere la soluzione migliore.
Ma poi, perché votare su un argomento già dibattuto in passato per cui i 5 Stelle, da tempo, hanno indicato un modo di procedere chiaro e ben definito?
Visto che Di Maio ha iniziato a "meditare" sulle mancanze del Movimento dopo la disfatta alle regionali in Abruzzo, si prenda qualche ora per meditare sui suoi infiniti errori e prenda l'unica decisione possibile in casi simili: dimettersi... da tutti gli incarichi.