Economia

La politica industriale del governo Meloni (anche) nel settore dell'automotive: un rebus

"Accompagnare la transizione energetica, rinnovare il parco auto circolante troppo obsoleto, supportare soprattutto le persone fisiche e sostenere le fasce le meno abbienti. Questi i quattro obiettivi centrati in soli due mesi dal piano Ecobonus. A questi dati incoraggianti, che evidenziano la buona riuscita del piano, non è corrisposto però un incremento dei volumi produttivi degli stabilimenti italiani, il quinto target stabilito.Per questo motivo il piano incentivi per i prossimi anni verrà rimodulato, spostando il focus sull'offerta e puntando su una programmazione pluriennale delle risorse per favorire le case automobilistiche nella programmazione degli investimenti e le famiglie negli acquisti.È quanto emerso, in sintesi, durante il Tavolo Automotive presieduto dal ministro Adolfo Urso insieme al viceministro Valentino Valentini e ai sottosegretari Fausta Bergamotto e Massimo Bitonci. Alla plenaria, a Palazzo Piacentini, erano presenti anche i rappresentati delle aziende che producono veicoli in Italia, delle organizzazioni sindacali e datoriali della filiera, delle Regioni e dell'Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica (Anfia)."La prossima edizione dell'ecobonus deve presentare una significativa discontinuità. La priorità è il sostegno alla filiera nazionale e all'occupazione, sempre nel rispetto degli altri due principi cardine che sono il rinnovo del parco circolante e il supporto alle famiglie a bassa capacità di spesa", ha affermato il ministro Urso.Inoltre, è allo studio l'introduzione di un meccanismo che privilegi le produzioni a elevato contenuto di componentistica europea e che garantisca la sostenibilità delle produzioni.Durante l'incontro sono stati resi noti i dati sulle prenotazioni degli incentivi per l'acquisto di veicoli a basse emissioni inquinanti.A due mesi dall'apertura della piattaforma Ecobonus, lo scorso 3 giugno, le significative risorse messe a disposizione delle auto elettriche - quasi 230 milioni- si sono rapidamente esaurite e hanno portato a oltre 25.000 prenotazioni. Riguardo il rinnovo del parco auto circolante, l'83% delle prenotazioni prevede una contestuale rottamazione, di cui il 42% modelli fino a Euro 3.Inoltre, il 77% delle risorse prenotate riguarda le persone fisiche (72% nel caso delle auto elettriche) e un quarto delle risorse prenotate è relativo a persone con ISEE inferiore a 30.000 euro. Nello specifico, in merito alle auto elettriche, il 41% delle prenotazioni inserite da persone fisiche interessa persone a basso ISEE, per un valore pari al 49% delle risorse disponibili.Per quanto riguarda la programmazione degli incentivi, il fondo automotive può contare ancora su una dotazione di 750 milioni per il 2025 e di un miliardo annuo dal 2026 al 2030.In parallelo al concretizzarsi della politica di attrazione di nuovi player e alla necessità di accompagnare il processo di riqualificazione della componentistica italiana verrà incrementata la quota destinata all'offerta pari a 50 milioni nel 2022 e 350 milioni annui nel successivo biennio.Si avvia, inoltre, nel mese di settembre la definizione del nuovo schema di incentivazione della domanda e dell'offerta della filiera, che terrà conto delle indicazioni delle altre Amministrazioni coinvolte (PCM, MEF, MIT, MASE) e delle proposte avanzate dai principali stakeholder presenti al Tavolo".

Questa la nota con cui il Mimit ha riassunto i contenuti dell'incontro che si è svolto ieri nella sede ministero delle Imprese e del Made in Italy dove, oltre ai sindacati, erano presenti i rappresentanti di aziende e associazioni che caratterizzano il settore dell'automotive in Italia.

Come introduce la nota, l'incontro non è stato positivo. In precedenza la Uil ne aveva addossato la responsabilità al governo Meloni, per la mancanza di chiarezza sulle scelte di politica industriale. Questo è quanto Bombardieri, segretario Uil, aveva dichiarato il 5 agosto in una trasmissione Rai:

"Vorrei ricordare che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, all'atto del suo insediamento, ha detto che entro 100 giorni presenterà un piano industriale per la decarbonizzazione in Europa e lo farà confrontandosi con le parti sociali. Oggi, chiederemo al governo italiano di chiarirci quali saranno le scelte che si faranno in questo Paese e se sarà in grado di giocare un ruolo attivo rispetto alle decisioni europee in materia. Noi facciamo parte dell'esecutivo della confederazione europea dei sindacati e, dunque, andremo a parlare con la von der Leyen, ma abbiamo qualche difficoltà a parlare con il governo italiano sulle politiche industriali. Mi auguro che anche da noi ci sia la capacità di ascolto delle parti sociali e che si avvii un confronto su questo tema. Vorrei sottolineare che anche Confindustria chiede alla politica e al governo, di poter discutere del futuro di questo Paese e di alcune scelte strategiche".

Un concetto ribadito da Michele De Palma (segretario generale Fiom Cgil) e Samuele Lodi (coordinatore nazionale Fiom Cgil)  dopo il vertice di ieri:

"Il settore automotive nel nostro Paese rischia la dismissione, anziché affrontare la transizione ecologica e tecnologica. È ora di passare ai fatti, anche con una posizione condivisa in Europa".

I due esponenti sindacali hanno chiesto al Governo anche "un accordo complessivo sul settore, con una dotazione straordinaria di risorse economiche e normative per la giusta transizione che faccia perno sui lavoratori della ricerca, sviluppo e produzione, favorendo investimenti privati, anche di altre case automobilistiche e che consolidi la componentistica".

E non mancano neppure le responsabilità di Stellantis:

"È ora che Stellantis, pilastro dell’industria dell’auto in Italia, chiarisca i piani su marchi, modelli e stabilimenti e le previsioni di budget sui volumi. È ora di fermare le uscite e progressivamente ridurre la cassa integrazione, sperimentando riduzioni di orario sostenute dalle politiche pubbliche anche per l’indotto, per rigenerare un piano di assunzioni e formazione delle competenze. Un anno di confronto non ha determinato cambiamenti. In un anno la cassa integrazione è aumentata e gli investimenti, a partire dalla ricerca, sviluppo e produzione, non sono arrivati. Siamo l’unico Paese europeo dell’auto senza la produzione di batterie e con volumi che ci vedono scendere nella classifica nonostante i cospicui incentivi all’acquisto garantiti da risorse pubbliche".

Come riassumere il tutto? Da una parte c'è Stellantis che, nonostante sia fuggita dall'Italia quando ancora operava esclusivamente come Fiat grazie al tanto celebrato Marchionne, rappresenta comunque l'azienda leader del settore dell'auto e fa da traino a tutta la filiera. Un "argomento" che la multinazionale vuol far valere per ottenere quanto più possibile dal governo che, a suo dire, avrebbe già dato (in termini di incentivi) e adesso vuol passare all'incasso. 

Da parte del settore automotive (sindacati compresi) vi è però una domanda a cui il governo non ha finora risposto in maniera chiara e definitiva. La domanda è in relazione alle politiche industriali. L'esempio è semplice. Se si vuole incentivare l'elettrico, allora chi produce dovrà adattarsi a pianificare la produzione di macchine elettriche. Se l'elettrico lo vuoi incentivare a partire tra un anno, allora chi produce dovrà mettersi subito al lavoro... e via dicendo. Ma se il governo non dice con chiarezza che cosa vuol fare e da quando, anche chi produce non può che essere in difficoltà. E di questo non è possibile assegnare responsabilità a Stellantis e alla filiera dell'auto.

Autore Mario Falorni
Categoria Economia
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