Così Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda, si era rivolto agli irlandesi alla vigilia del referendum di venerdì 25 maggio, in merito all'abrogazione dell'ottavo emendamento dell'articolo 40 della Costituzione che equiparava i diritti della madre e del nascituro e che avrebbe avuto come conseguenza quella di rendere legale l’aborto.

"La Corte suprema ha chiarito che se l'ottavo emendamento viene abrogato, i bambini non nati, in Irlanda, non avranno assolutamente alcun diritto costituzionale. Un voto per abrogare l'ottavo emendamento aprirebbe quindi la strada a un regime di aborto molto liberale, incluso l’accesso completamente privo di restrizioni all’aborto durante i primi tre mesi di gravidanza.

L'equiparazione della vita di una madre e del suo bambino non ancora nato è scritta nella nostra Costituzione. Entrambe le vite meritano protezione dalla tragedia e dalla decisione irreversibile dell’aborto.

L’innata dignità di ogni vita umana è un valore per l'intera società, per le persone di tutte le fedi. È radicato nella ragione e nella fede . Portare via una vita umana innocente non può mai essere semplicemente una questione di scelta personale.

Quel piccolo bambino non nato che muove le dita o calcia nell’ecografia è lo stesso bambino che nascerà e crescerà ulteriormente attraverso l’infanzia, dall’adolescenza all’età adulta fino alla vecchiaia.

Quando andate nella cabina del voto, il 25 maggio, pensate a due vite, la vita della madre e la vita del suo bambino, due cuori che battono; due vite preziose e meritevoli di compassione e protezione.

Scegliete la vita per entrambi. Dite di no all’abrogazione dell’ottavo emendamento e poi fate tutto il possibile per garantire che il nostro Paese fornisca sempre la migliore assistenza e tutto il sostegno possibile alle madri e ai loro bambini non ancora nati."


Gli irlandesi, chiamati a votare in unico turno dalle 7 alle 22 di venerdì, hanno deciso di abrogare l'ottavo emendamento con il consenso del 66,4% di coloro che si sono recati alle urne, in base al risultato ufficiale reso noto solo sabato.

In base a quanto ha dichiarato il ministro della Salute Harris, forse il principale promotore del referendum, il governo già da martedì presenterà un disegno di legge per l'interruzione di gravidanza, da approvare entro l’estate, in modo che possa essere esecutivo già entro l'anno.


Il Vaticano ha commentato la notizia richiamando le parole di papa Francesco pubblicate nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium.

"Tra i deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo (213).

Non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a modernizzazioni. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l'aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie (214)."


Sull'esito del referendum irlandese è intervenuto anche il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo Paglia. Queste le sue parole.

"Credo che non ci sia nessuna vittoria da cantare e tanto meno da gioire, anche perché tutto ciò che in qualche modo facilita il lavoro sporco della morte non ci rende particolarmente lieti. Ecco perché anche questo passaggio nell’Irlanda ci deve spingere ancora di più non solo a difendere la vita, ma a promuoverla, ad accompagnarla, creando le condizioni perché non si avverino, non avvengano decisioni drammatiche, perché è sempre un dramma quando si decide di interrompere una vita, come dovrebbe essere sempre un dramma ogni volta che una vita - anche nata - viene distrutta, umiliata, viene stroncata.

Io non dimentico un’omelia molto bella di mons. Óscar Arnulfo Romero davanti al corpo di un sacerdote ucciso dagli squadroni della morte. Mons. Romero disse: “Il Vaticano II chiede a tutti di essere martiri”, cioè di dare la vita non di toglierla. E fece l’esempio di una mamma che concepisce un bambino, lo fa nascere, lo allatta. Ecco, questa mamma è una martire, perché sta dando la vita. Ed oggi, in un mondo dove tanto facilmente si aiuta il lavoro sporco della morte io gioirei invece per tutte le volte che la vita viene difesa, accompagnata e promossa. Di questo in effetti il mondo intero ha bisogno.

A parte la storia dell’Irlanda, credo che ci sia nell’aria, - bisognerebbe essere all’interno del Paese per dare un giudizio adeguato – un atteggiamento di individualismo che oscura e spinge a dimenticare i diritti di tutti, compreso quello di chi deve nascere.

Ecco perché se per un verso è importante stare accanto ed evitare decisioni talora drammatiche - perché non si è consapevoli di quello che si fa - per altro verso è indispensabile affermare i diritti di ciascuno, soprattutto dei più deboli, assieme al dovere di accompagnare, di sostenere, senza abbandonare mai nessuno.

Questa è una cultura che va promossa contro quella che io chiamerei di un iper-individualismo che porta a considerare solo il benessere individuale che a volte si paga anche a caro prezzo."