Il 31 dicembre, nel discorso di di fine anno, il Presidente della Repubblica si è rivolto ai giovani, alla classe del 1999, quella dei nuovi elettori, quella che potrebbe contribuire ad un cambiamento, ad una svolta per il nostro Paese.
Il Capo dello Stato ha condiviso con il popolo una riflessione: il 2018 sarà il centenario della fine della grande guerra e della fine delle sofferenze provocate da quel conflitto, cui contribuirono i diciottenni di allora, quei ragazzi del 1899 che vennero mandati a morire tra Veneto e Trentino.
Oggi i nostri ragazzi, il nostro futuro, vengono chiamati al voto e diventeranno protagonisti della vita democratica del Paese.
Questo è il debutto della generazione Z , la prima cresciuta sul web e non per strada, la generazione disincanta e con mancanza di prospettive e futuro.
La generazione abbandonata ai social, cresciuta con passioni tristi, con la certezza che starà peggio dei loro genitori.
Giovani spaventati, quelli di oggi, che si rifugiano dietro uno schermo, che chiedono aiuto a chi hanno conosciuto attraverso dei like.
Che futuro stiamo lasciando a loro, ragazzi che si alleano in baby gang per non sentirsi soli, ragazze che per apprezzamenti chattano con chiunque senza pensare alle conseguenze.
Fermiamoci noi adulti, ascoltiamo i loro bisogni, siamo noi genitori che dobbiamo tramandare loro i valori etici e politici, la passione per l’arte, la cultura, insegniamo loro che il web va usato come un libro che dietro ogni cosa c’è uno studio.
Ascoltiamo i ragazzi e non lasciamoli soli, aumentano sempre di più i casi di bullismo, violenze social, molestie... non lasciamoli in balia di malati che si rifugiano dietro il web.
Diamo loro l’importanza che meritano poiché saranno loro a scrivere il futuro.
Il futuro sono i nostri giovani.