Qualche giorno fa, parlando a una platea di giornalisti corrispondenti presso le Nazioni Unite, l’esponente di un’importante associazione per la messa al bando alle armi nucleari ha denunciato il dislocamento di altre 150 testate americane sul suolo europeo. La rappresentante dell’ICAN, organizzazione che nel 2017 ha vinto il premio Nobel per la Pace, ha anche pubblicato un report sulle spese militari dei Paesi del cosiddetto “club nucleare”.

Ne risulta che nel 2022 gli Stati Uniti ha destinato al rafforzamento del proprio arsenale atomico la bellezza di 43,7 miliardi di dollari, che supera la somma di quanto investito dagli altri nove componenti del “club”. A questi numeri spropositati si aggiunge la beffa delle recenti dichiarazioni di Joe Biden, che durante il G7 tenutosi niente meno che a Hiroshima ha detto che bisogna finalmente eliminare le armi nucleari nel mondo.

Negli ultimi due anni, invece, Washington ha lanciato ben due progetti di miglioramento delle sue capacità nucleari. Si tratta del missile balistico intercontinentale Sentinel e del bombardiere stealth B-21 Raider ed entrambi questi “giocattoli” costano almeno 100 miliardi di dollari l’uno.

Il problema rappresentato da tale dinamismo americano sul piano degli armamenti nucleari non sta solo nel budget deviato da altre necessità vitali per i cittadini americani, come la stabilità economica e la sicurezza sociale, ma nell’escalation che sta provocando in Europa.

Mosca dice di non voler usare mai l’atomica per prima, ma gli USA stanno alzando la soglia di pericolo.