Da ogni cosa che accade, qualunque essa sia, a saperla interpretare, c’è sempre da imparare.
E così è anche per gli avvenimenti che hanno interessato le cronache in questi ultimi giorni.
Prima il Covid-19, con la sua vera o supposta pandemia, poi la morte dell’afroamericano George Floyd e le conseguenze che essa ha determinato.
Nel commentare i due casi non ci avventureremo in analisi tecniche, né mediche né giuridiche, ma evidenzieremo gli aspetti sociologici che i due avvenimenti hanno comportato.
Cercheremo di comprendere, infatti, ciò che ambedue, distanti e differenti tra loro, ci hanno insegnato; quello cioè che è emerso inequivocabilmente.
Quindi, di là dalle critiche su com’è stata gestita dal punto di vista sanitario la questione coronavirus, e dalla brutalità del comportamento del poliziotto americano nel caso della morte di Floyd, cercheremo di comprendere se questi due casi qualcosa ci hanno insegnato in termini di modelli organizzativi della società.
Ci pare di poter dire che entrambi hanno evidenziato il fallimento del concetto della globalizzazione. L’assoluta irrealizzabilità di modelli di convivenza basati sul mondialismo e sul multiculturalismo.
Hanno, invece, messo in luce come l’esistenza degli Stati, delle Nazioni, sia assolutamente necessario per contenere e annullare fenomeni devastanti che, altrimenti, possono degenerare sfuggendo al controllo degli organi preposti, delle istituzioni.
La pandemia scatenata dal virus Covid-19 è stata possibile controllare facendo affidamento a sistemi di contenimento che, limitando provvisoriamente la mobilità delle persone, ha fatto si che lo stesso fosse contenuto e debellato. Almeno in quelle Nazioni che a questi sistemi hanno fatto ricorso.
La poca mobilità imposta, seppur fatto doloroso da accettare, ha creato le condizioni perché si potesse battere l’insidia di un virus altamente contagioso che ha causato, in brevissimo tempo, oltre 380.000 morti in tutto il mondo.
Di fatto, al di là dei proclami, abbiamo visto come ogni Nazione ha dovuto affrontare da sola e con le proprie risorse - non fanno testo, infatti, i pochi casi di assistenza transnazionale pur verificatisi - la dura battaglia contro questo malefico virus.
Nessun Organismo internazionale ha saputo o voluto dare aiuti concreti alla lotta; non l’ha fatto l’EU, non l’ha fatto l’OMS, non l’ha fatto nessun altro Ente internazionale.
Abbiamo registrato un profluvio di parole, di chiacchiere, ma nulla di concreto si è avuto a sostegno della terribile lotta che si stava conducendo.
Soli, siamo stati lasciati soli, ogni Nazione era presa dai propri problemi e la solidarietà è stata attestata solo a parole.
Il caso Floyd sta dimostrando, dal canto suo, come la convivenza tra etnie diverse, quella convivenza forzatamente voluta dalla globalizzazione, sia una chimera priva di ogni reale possibilità di attuazione.
Prendendo spunto da questo increscioso fatto di cronaca, si stanno rivelando tutte le tensioni che una omogeneizzazione forzata, indotta dalla politica negriera degli schiavisti prima, e dai fautori delle società multirazziali dopo, racchiude in se ed è pronta a deflagrare con risultati devastanti per la Nazione.
Lo abbiamo visto nella Francia ieri, lo vediamo negli Stati Uniti oggi.
Proprio queste due Nazioni sono gli archetipi del totale fallimento delle società multirazziali.
Questi due esempi, il caso Floyd e la pandemia del covid-19, ci dicono senza ombra di dubbio che la globalizzazione è fallita.
Che quei modelli che ci propinano come giusti e che dovrebbero essere alternativi alle società nazionali, sono essi sbagliati.


Mario Settineri
Membro Segreteria Nazionale MSFT