Gli impianti di digestione anaerobica (DA), spesso presentati come soluzioni ecologiche per la gestione dei rifiuti organici e la produzione di biometano, nascondono una serie di criticità ambientali, sanitarie e speculative. A sollevare dubbi sulla loro reale sostenibilità è ISDE Italia – International Society of Doctors for Environment, attraverso un nuovo position paper redatto da un team di esperti tra cui Agostino Di Ciaula, Vitalia Murgia e Gianni Tamino. Il documento, basato su una revisione della letteratura scientifica, mette in luce rischi spesso trascurati nel dibattito pubblico e nelle procedure autorizzative.
Nonostante la DA venga pubblicizzata come tecnologia green, gli impianti rilasciano emissioni fuggitive di metano, un gas serra con un potere climalterante 84 volte superiore alla CO₂ nel breve termine. A ciò si aggiungono le emissioni legate alla combustione del biometano, anch’esse contribuenti al riscaldamento globale. «Il biometano non è neutrale: la sua combustione genera CO₂, proprio come i combustibili fossili», sottolineano gli autori.
Gli impianti DA emettono sostanze nocive come formaldeide, particolato fine (PM), ossidi di azoto (NOx), ammoniaca e bioaerosol (composti da batteri e funghi). Questi inquinanti sono associati a patologie respiratorie, cardiovascolari e oncologiche, con rischi maggiori per residenti nelle vicinanze e lavoratori. «La vicinanza a questi impianti può tradursi in un’esposizione cronica a sostanze tossiche, un pericolo sottostimato», avvertono gli esperti.
Il digestato, il residuo organico utilizzato come fertilizzante, può contenere antibiotici, metalli pesanti, microplastiche, PFAS e residui chimici, con possibili ricadute sulla catena alimentare e sul suolo agricolo. «L’uso incontrollato di digestato favorisce l’antibiotico-resistenza e l’accumulo di inquinanti nei terreni», spiegano i firmatari. Un problema che minaccia sia l’ecosistema che la salute pubblica.
Gli impianti DA sono spesso fonte di inquinamento olfattivo e non mancano casi di incidenti rilevanti, come fughe di gas o esplosioni, documentati in Europa. ISDE critica inoltre il sistema di incentivi che privilegia la digestione anaerobica, spingendo verso impianti sovradimensionati o non necessari. «Gli incentivi dovrebbero sostenere soluzioni realmente sostenibili, non logiche speculative», affermano gli autori.
Per ISDE, la risposta sta nel compostaggio aerobico, tecnologia più semplice, economica e a minore impatto. Questo metodo, oltre a produrre compost di qualità, arricchisce i suoli di carbonio senza rischi di emissioni climalteranti. «Serve una gerarchia chiara: prevenzione dei rifiuti, autocompostaggio, riciclo sostenibile della materia. La DA dovrebbe essere un’opzione residuale, non prioritaria», insistono gli esperti.
Il position paper invita a un cambio di rotta nelle politiche ambientali, chiedendo di privilegiare le esigenze dei territori e dei cittadini rispetto agli interessi industriali. «La transizione ecologica non può basarsi su tecnologie inquinanti o su modelli incentivanti distorti. Serve una visione olistica, che ponga al centro la salute e la tutela degli ecosistemi», concludono i medici di ISDE. Una riflessione urgente, in attesa che istituzioni e decisori politici raccolgano l’appello.