Yemen. Una guerra spaventosa e ignorata, sta sconvolgendo l’antico Regno di Saba. Una guerra civile che oppone sunniti e sciiti (Houthi), appoggiati rispettivamente da Arabia Saudita e Iran sul complesso scacchiere mediorientale. Qui, un gruppo di giornalisti e documentaristi ha deciso di scandagliare la guerra dal punto di vista delle vittime più innocenti e sofferenti, i bambini.
L’equipe, lo fa lasciando che siano 3 giovani fratelli, traumatizzati dalle bombe e dalla guerra, a intervistare con uno Smartphone, esponenti delle comunità locali e i loro coetanei. Con la promessa che tali interviste sarebbero state recapitate all’Unione Europea nel 2018. In quell’occasione viene intervistata, assieme ad un gruppo di ragazzini, una bambina dal viso dolce e dallo sguardo vigile e luminoso che dice di essere stata talmente traumatizzata dalle bombe, da essersi fatta venire i capelli bianchi. In effetti la giornalista si avvicina di più e, separando alcuni capelli con le dita, nota come alcuni di essi siano veramente bianchi. Forse, qualcuno, dirà che si tratta di un semplice scherzo della natura dovuto ad un difetto di pigmentazione.
La bambina yemenita che, nell'intervista fatta dai suoi amici, ha affermato di avere dei capelli bianchi per colpa della guerra.
Ma quando poi guardi le immagini delle gigantesche esplosioni che avvengono sulla schiena della città e fai la conta delle rovine, capisci che non si tratta di uno scherzo o di una semplice probabilità genetica, ma di uno spavento talmente grande da essere esondato dall’anima e dal corpo di questo meraviglioso cucciolo di cerbiatto. Come dubitare che una simile esplosione replicata a random più volte al giorno, non abbia creato uno stato di trauma collettivo e permanente in questi, tra l’altro bellissimi e sveglissimi, bambini yemeniti?
La guerra devastante che dura da ormai 6 anni e che ha fatto 250.000 morti, si è trasformata in una vera e propria catastrofe umanitaria. Le organizzazioni internazionali segnalano un'altra tragedia nella tragedia. La pandemia di Covid-19 si è innestata su un’epidemia di colera, agevolata a sua volta dallo stato di malnutrizione in cui versa la popolazione civile, primi fra tutti, i bambini.
Oggi, a distanza di tempo, da quando ho scritto l’articolo, prima della pandemia, di Yemen si parla sempre troppo poco. Mi chiedo, con crescente angoscia, se questa bambina (che oggi dovrebbe avere tre anni in più) sia ancora viva e se lo siano tutti quei piccoli per i quali ci commuoviamo, ma che ci ostiniamo a respingere alle nostre frontiere mentre ci chiedono solo salvezza.
Ma la salvezza è ormai ridotta a simulacro nelle rappresentazioni sceniche o “osceniche” che sfilano quotidianamente sui media digitali e negli studi televisivi. Un ologramma guasto che riparte sempre dallo stesso copione, in cui fazzoletti di lacrime al vetriolo, insulti e gerghi analfabetici, si bombardano con i bussolotti della sottocultura, della banalità e della volgarità.
I bambini dello Yemen, per un giorno, reporter di se stessi