Di Vincenzo Petrosino - Oncologo Chirurgo -

Lo studio Global Burden of Disease stima che nel 2019 l’inquinamento sia stato responsabile a livello mondiale di 9 milioni di morti, di cui il 61,9% da correlare a malattie cardiovascolari tra cui cardiopatia ischemica (31,7%) e ictus (27,7%).

Questi numeri, per quanto significativi, quasi certamente sottostimano il reale contributo dell’inquinamento al burden globale di queste patologie, perché si basano solo su un sottoinsieme di fattori di rischio ambientale.

I programmi per il controllo delle malattie cardiovascolari hanno dedicato poco spazio alla riduzione dell’inquinamento, che può essere considerato a tutt’oggi un grande assente nelle linee guida sull’argomento; ci si è infatti quasi esclusivamente concentrati sui fattori di rischio comportamentali e metabolici individuali,  dimenticando che l’inclusione della riduzione dell’inquinamento nella
prevenzione delle malattie cardiovascolari potrebbe salvare milioni di vite.

Gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulle malattie cardiovascolari variano in modo sostanziale nelle diverse aree del nostro pianeta.

Nei paesi ad alto reddito, l’inquinamento atmosferico è causa di meno morti per malattie cardiovascolari rispetto al passato perché leggi, regolamenti e nuove tecnologie hanno notevolmente ridotto questo fenomeno.

In molti paesi a basso e medio reddito, nei quali l’inquinamento è particolarmente impattante, la percentuale di decessi per malattie cardiovascolari attribuibili ad esso supera sostanzialmente quella relativa ai decessi cardiovascolari correlati al fumo e ad altri fattori di rischio comportamentali e metabolici.

Il riconoscimento dell’inquinamento come uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare apre molteplici opportunità di prevenzione e gestione; la comprensione del ruolo di questo fattore può infatti guidare i medici, le società scientifiche, le autorità sanitarie pubbliche, le agenzie ambientali e i governi verso lo sviluppo di strategie sociali di prevenzione delle malattie cardiovascolari da associare al controllo del rischio comportamentale e metabolico. 

La prevenzione delle malattie cardiovascolari correlate all’inquinamento attraverso una transizione su larga scala dai combustibili fossili a energie pulite e rinnovabili non solo ridurrà queste patologie e le morti ad esse associate, ma rallenterà anche l’evoluzione del cambiamento climatico, con benefici per tutta l’umanità.

Il rapporto tra inquinanti e patologie che interessano l'uomo sembra diventare ogni giorno quindi un argomento sempre più conosciuto. La scienza già da diversi anni sta lanciando allarmi non ascoltati. Noi abbiamo dato il nostro contributo ma a questo devono seguire azioni. Inutile parlare di green, di transizione ecologica, inutile piantare l'alberello una volta all'anno: la terra ha bisogno di azioni e anche di qualche sacrificio, non di chiacchiere.  La stessa Pandemia dovrebbe insegnare qualcosa... ma sembra che molti non lo abbiano ancora compreso. 

Il  nostro primo studio, presentato in anteprima al 104° Congresso Nazionale della Società Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale, prendeva in considerazione i tumori della testa e del collo e alcune patologie della tiroide. In questi pazienti abbiamo dosato 14 metalli pesanti nel sangue e nel capello e 12 policlorobifenili nel sangue. Lo studio è stato pubblicato nel 2018 sulla rivista Biometals 

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29520558/



Il secondo studio pilota, concluso nell'ottobre 2019, era un ampliamento del primo e ha preso in considerazione diversi tipi di cancro, in dieci casi erano tumori della mammella e abbiamo avuto la sorpresa di osservare che tutti erano positivi agli stessi metalli e PCB. D'altronde metalli sono stati ritrovati anche nei tessuti cancerosi della mammella da altri gruppi di ricerca quasi contemporaneamente. I metalli pesanti e PCB sono stati ritrovati anche in altri tipi di cancro che abbiamo descritto, mettendo in correlazione i dati ottenuti con la zona di provenienza del volontario

 https://symbiosisonlinepublishing.com/cancerscience-research/cancerscience-research52.php 



Quello che è emerso dalla nostra ricerca è una presenza molto più alta del limite considerato normale di metalli pesanti e PCB nei pazienti oncologici. Neoplasie simili presentavano gli stessi tipi di inquinanti e non abbiamo trovato correlazioni con la gravità o lo stadio del tumore. Questi inquinanti (in particolare i metalli pesanti) in molti casi erano presenti in quantità tre volte superiori al valore massimo ritenuto normale.

D'altra parte l'allarme che arriva dal mondo della ricerca è chiarissimo: le patologie da inquinamento esistono, hanno un'alta mortalità, e non sono fantasie popolari.

Come ho già avuto modo di dire altrove dobbiamo partire da un punto fermo: noi viviamo in un mezzo che chiamiamo ambiente e non è possibile scindere questo dalla qualità della nostra vita.  

Qualsiasi stimolo esterno -  chimico, fisico, meccanico ... o che sia anche un virus, un batterio protozoo - può nuocere al nostro organismo. Il nostro organismo reagisce all'ambiente esterno, qualunque esso sia. Il nostro organismo reagisce, pertanto, non solo a stimoli acustici, luminosi, ecc. ma anche a stimoli chimici.  

 Il cosiddetto progresso negli ultimi 100 anni ad esempio ha prodotto tantissime molecole chimiche, che pur dandoci l'illusione di progresso, sono poi state bandite per gli effetti gravi che avevano sulla salute. Ricordo i policlorobifenili che abbiamo messo un poco dappertutto, gli stessi ftalati che abbiamo usato anche nei biberon dei bambini. Così anche alcuni farmaci possono essere annoverati tra "gli errori del progresso"... ricordo ad esempio la talidomide ritenuta all'epoca un innocuo anti-emetico in gravidanza e che si dimostrò teratogeno, provocando la nascita di bambini con gravissime malformazioni agli arti.  

Molte di queste sostanze insieme ai tanto nominati "metalli pesanti" e che ritroviamo poi nei famosi Pm10 -2,5 ecc. ecc. insieme ad altre sostanze, agiscono in modo molto subdolo su alcuni punti del nostro organismo. Molti mimano gli ormoni, e per questo si chiamano "interferenti endocrini", sostanze che agiscono in concentrazioni di milionesimo di grammo e spesso si "bioaccumulano" nelle persone esposte.  

Queste sostanze possono agire in momenti particolari delle fasi della vita, colpendo le popolazioni maggiormente vulnerabili. Una esposizione a tali sostanze può condizionare negativamente, lo sviluppo, la riproduzione, la crescita e il comportamento sia dell'uomo che delle specie animali.

Queste sostanze posso accendere o spegnere e modificare i vari segnali inviati con gli ormoni, e i loro effetti insidiosi e subdoli spesso non sono visibili immediatamente.  

Queste sostanze - spesso prodotti di combustione rilasciati da auto, camion, aerei e navi - sono pesticidi, sono i pfoa e pfoas, gli idrocarburi policiclici aromatici, e li ritroviamo nell'ambiente che ci circonda anche per smaltimento doloso e colposo. Queste sostanze sono presenti in concentrazioni abbastanza rilevanti un poco dappertutto e con caratteristiche diverse a seconda della criticità.  

La reattività personale, la genetica, la presenza di più fattori magari non prevedibili e anche sconosciuti, l'intervento di concause forse spesso ancora non note, purtroppo insieme a queste sostanze, amplifica o anche  porta ad alcuni effetti che potrebbero diventare evidenti e devastanti con l'avanzare dell'età.  

Ecco che abbiamo riduzioni della fertilità maschile, presenza di patologie che riguardano la donna, malformazioni fetali... oltre a patologie diverse che vanno da quelle dell'apparato cardiovascolare, alle patologie del sistema nervoso, a patologie a carico del sistema endocrino, fino ad alcune malattie degenerative e al cancro.   

Esiste una grande confusione che non giova affatto all'attuale momento critico ambientale mondiale.  

Da: New England Journal of Medicine 

Vincenzo Petrosino