Albert Einstein nacque in Germania nel 1879, da famiglia di ebrei non osservanti. Del padre si è detto che era elettricista: per l'esattezza, produceva macchinari elettrici. Frequentò le scuole elementari cattoliche e studiò violino, incoraggiato dalla madre.

Le biografie parlano di un bambino quasi ritardato, dislessico e un po’ autistico. Le condizioni economiche della famiglia non erano eccellenti; per un periodo gli Einstein vissero anche in Italia, a Pavia.

Faticosamente, la carriera scientifica di Albert prese alla fine il volo, dopo aver assaggiato perfino una bocciatura per l’ammissione all’Università (dicono). Infine divenne cittadino svizzero e nella Confederazione elvetica terminò gli studi.

All’inizio la sua attività di ricerca si svolse con un ristretto gruppo di amici e con  la moglie, la serba Mileva.

L’unione fu osteggiata dai suoi, perché lei non era ebrea. Nacque una bambina, scomparsa misteriosamente, chi dice morta, chi adottata. In seguito nacquero due maschi.

E’ stato detto che fu Mileva ad ispirargli alcune scoperte e che egli abbia accuratamente nascosto la circostanza.

Quel che è certo è che Albert si dedicava con passione ai propri studi e non aveva tempo quasi per altro. Mileva fu trascurata come moglie e non poté più condividere le ricerche del marito. Lui aveva dettato una sorta di "protocollo" di regole da osservare: per esempio, che non lo si disturbasse mentre era intento al lavoro , per nessun motivo. Finirono a dormire in stanze separate e con una certa crudeltà mentale di Albert, che definì Mileva con aggettivi poco simpatici.

Il matrimonio finì. Dopo la separazione Albert, durante i suoi studi, dovette sempre ricorrere a matematici di supporto, lavoro che prima, secondo alcuni, svolgeva la moglie.

Lei tornò a vivere in Svizzera e lui le regalò la somma ricevuta per il nobel. Si accusa lo scienziato di essersi disinteressato di lei e dei ragazzi, il più piccolo dei quali gravemente ammalato. In realtà Albert andava a trovarli, tornando da quelle visite assai triste. Il figlio minore dovette convivere con la malattia e si dedicò all'attività di pianista; il maggiore raggiungerà più tardi il padre, negli USA, per seguirne le orme, anche se in scala minore, nel campo dell'ingegneria.

Einstein si risposò con la cugina Elsa, più grande di lui di qualche anno, che aveva già due figlie da una precedente unione; i pettegoli non risparmiano nessuno ed hanno osservato che le due bambine somigliavano molto ad Albert. Lo scienziato non brillava per fedeltà coniugale. Elsa era però meno competitiva e più materna verso il marito e accettò, almeno all'inizio, il decalogo di regole che  fu inflitto anche a lei.

In seguito le amicizie femminili di Albert la fecero molto soffrire, e la donna incassò anche le visite periodiche di una giovane amante in casa; tuttavia lui si rivelò affettuoso e sollecito nel curarla, quando lei si ammalò. Elsa morì nel 1936.

 Il Nobel era arrivato nel 1921. Nel frattempo si affermava il nazismo, verso cui Albert non esitò a provare la massima avversione. Va osservato che, fin da ragazzo, era stato un pacifista ed antimilitarista convinto. Non rimaneva che una soluzione: il trasferimento negli Stati Uniti. Lo scienziato riuscì a salvarsi anche grazie a un passaporto albanese fornitogli da re Zog.

Gli USA lo accolsero ben volentieri e, forse per il sollievo di aver lasciato il regime hitleriano, all'inizio Einstein male interpretò la gioia che aveva salutato la sua accoglienza.

Egli desiderava mettere le sue ricerche al servizio dello stato americano, non che venissero utilizzate a scopo bellico. Come sperarlo? Di fatto, lui non lavorò mai direttamente alla bomba atomica, ma ne è ovviamente coinvolto sul piano scientifico.

 Per parlare della sua attività è necessaria una solida preparazione specifica: dalla teoria della relatività alla fisica quantistica, fino ad arrivare agli studi su un nuovo modello di frigorifero a basso consumo (mai commercializzato), il genio per antonomasia spaziò.

Oltre ai contributi della prima moglie, si è insinuato che Albert abbia sfruttato studi già pubblicati in materia, qualcuno frutto delle ricerche di scienziati italiani. Sono polemiche ormai centenarie.

Non minor interesse hanno suscitato le sue posizioni filosofiche e politiche. 

Egli riteneva che gli ebrei dovessero poter tornare in Palestina, ma senza fondarvi uno stato. Era preferibile, a suo avviso, attuare una pacifica convivenza con le popolazioni locali. Si definiva ateo.  Era socialista, pur se vagamente; interessato alle teorie comuniste, ma da genialoide par suo, senza certo aderirvi: tanto bastò ad Edgar J. Hoover, che tentò in tutti i modi di ostacolarne l' ingresso negli Stati Uniti.

 Edgar J .Hoover fu, in ambito statunitense e internazionale, una figura influente, anche se in ombra. Ebbero modo di sperimentarne il potere molti personaggi del '900.

Nato nel 1895, proveniente da un'austera famiglia americana di vecchio stampo, seguì la "carriera" statale del padre. Negli USA buttarsi in un ministero non è mai stato considerato un buon obiettivo, piuttosto un misero ripiego o, al massimo, una piattaforma di lancio per cariche politiche. Edgar era però ambizioso, diligente negli studi e portato all'organizzazione. Entrò nell' agenzia  poi chiamata FBI, creata per diversi scopi, all'inizio perfino un po' vaghi: combattere una non meglio precisata immoralità dei costumi, contrastare le attività antiamericane, soprattutto da parte dei neoimmigrati e, infine, osteggiare in ogni modo l'avvento del comunismo. Edgar creò dei "database" incredibilmente accurati e aggiornati, ben prima dell'avvento dell'informatica.

Inizialmente il giovane, laureatosi in legge, svolgeva compiti impiegatizi,  raccomandato da uno zio. Non aveva particolari titoli o referenze e risulta che abbia preso la pistola in mano solo una volta. In pratica non era nemmeno formalmente un poliziotto e non si occupò mai di indagini attive. Nel 1924 divenne il direttore dell'FBI , carica che tenne fino al 1972, anno della morte.

Era un uomo imperscrutabile, un po’ pingue, con i gonfi occhi acquosi. Si faceva vedere in giro con donne, come l’attrice Ginger Rogers e sua madre (simpatizzante nazista), ma in pratica visse tutta la vita con un uomo. Questi era un suo sottoposto; sul lavoro Edgar lo trattava anche piuttosto male, ma poi lo nominò suo vice.

Hoover non amava i modernismi, anche in campo sociale. Per esempio, acconsentì tardi e a malincuore a che le impiegate dell’FBI indossassero i pantaloni, convinto dai suoi collaboratori che così esse avrebbero sofferto meno il freddo. Fece assumere agenti di colore solo perché ve l’obbligò Bob Kennedy. In realtà  stimava i neri come fedeli servitori, mentre disprezzava gli ispanici. Quando scoppiarono disordini nei ghetti fece orecchie da mercante, sostenendo che sedarli era compito delle polizie locali; non risulta che abbia fatto tallonare più che tanto il futuro assassino di John kennedy, anche se Oswald era noto per le posizioni estremiste: insomma, zelo a corrente alternata.

Per anni ebbe il chiodo fisso di perseguitare i comunisti. E’ stato ironicamente osservato che questa era la classica necessità inventata per accreditarsi una posizione di potere, visto che i comunisti americani si contavano. Si arrivò a insinuare che fosse lui stesso a procurare i finanziamenti al minuscolo partito comunista americano, per rafforzare la propria posizione e sfruttare l’idiosincrasia paranoica degli statunitensi per tutto ciò che sa di sinistra.

Secondo molti, però, la specialità di Hoover era lo spionaggio sessuale  e fu con questa arma che tenne sotto schiaffo molti politici americani, tra cui i Kennedy. Stando a queste voci giunse a  far manomettere, in poche ore, tutta la documentazione di una compagnia telefonica, per eliminare tracce delle conversazioni tra i due fratelli con Marylin Monroe e ricattarli in seguito per il favore. Non migliore trattamento era riservato a chi aveva tendenze omosessuali: il movimento gay americano era amareggiato, vista l’ amicizia particolare del persecutore.
                     

 Nel dopoguerra il maccartismo (*1)  nascente perseguitò Einstein, che però non temeva questi sussulti reazionari, anche perché, nel frattempo, aveva acquistato la cittadinanza statunitense.

Desideroso di esplicarsi in molti campi, alla fine Albert fu anche statista. Caldeggiava un governo mondiale. Pubblicò, poco prima della morte, il  famoso manifesto per il disarmo nucleare, in collaborazione con Bertrand Russell. ( *2)

La morte lo raggiunse subito dopo. Era vedovo da molti anni  e forse nessuno si incaricò di indurlo a curarsi.  Trascurò alcuni sintomi, sostenendo che, in fondo, era arrivata la sua ora ed era giusto così.

Morì nel 1955. Su suo desiderio, il corpo fu cremato e le ceneri disperse al vento. Si fece in tempo a prelevare il cervello e a studiarne la massa cerebrale, che fu ritenuta particolare, come l'uomo. 

La sua immagine è divenuta di moda. Esibita soprattutto dagli uomini, negli studi e negli uffici, sembra quasi un modo soft per dire “E’ il mio modello”. Non per tutti.

 

 

 (*1) Maccartismo: dal nome del senatore repubblicano  J.R. McCarthy (1908/1957) Il termine maccartismo è entrato nell'uso, nel dibattito politico, per indicare, in maniera estensiva, un clima di sospetto generalizzato determinato dalla fobia del comunismo. Molte carriere del mondo dello spettacolo e della cultura furono ostacolate o stroncate dalle persecuzioni maccartiste

 (*2)  Filosofo gallese ( 1872 - 1970), noto per le posizioni liberali e progressiste.