Il piffero e la crisi di governo
Perdirindindina, avrebbe detto Totò, grazie alle copiose e inequivocabili comunicazioni che Matteo Salvini va diffondendo da giorni sui media ed attraverso i social, incomincia ad aprirsi uno squarcio di verità sulle oscure cause di questa kafkiana crisi di governo.
Infatti, seguendo il filo comune delle insistite parole del Matteo padano mi sembra accertato che da tempo la crisi del governo gialloverde fosse voluta ed orchestrata dai centri di potere di Berlino, Parigi e Bruxelles.
Ad ostacolare, però, il malvagio progetto di questi potentati sarebbe stata la difficoltà di far brillare la bomba in modo che non se ne intravedesse la loro responsabilità.
Dopo molte settimane pensa che ti ripensa ecco che in uno dei rituali incontri tra Angela Merkel ed Emmanuel Macron, all’ombra della Tour Eiffel, sarebbe germogliata una idea geniale.
Perché non affidare alle cancellerie, tedesca e francese, il mandato di preparare la crisi proprio nel seno del governo gialloverde lavorando?
Compito non facile!
Alla fine, però, sulle spiagge adriatiche, prese d’assalto da turisti ed agenti segreti tedeschi, tra un mojito e l’altro al Papeete Beach, sotto il solleone è spuntata fuori una mozione di sfiducia nei confronti del premier Conte che Salvini, senza rendersene conto e forse un po’ sborniato, è subito corso ad ufficializzare al grido di “la parola al Popolo sovrano”.
Ora però, per la scarsa familiarità che ha da sempre sia con la Costituzione che con le istituzioni democratiche, il Matteo padano, minato anche dal suo stato confusionale, non si è reso conto innanzitutto che un Parlamento legittimato proprio dal voto del Popolo sovrano era vivo e vegeto fin dal 4 marzo 2018.
Si trattava, tra l’altro, dello stesso Parlamento che ha consentito il nascere del governo gialloverde di cui lui è stato il dominus assoluto.
Non solo ma ha ignorato anche un altro piccolissimo dettaglio, e cioè che il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere solo per la strampalata ed immotivata richiesta del segretario di un partito o per una petizione rabberciata qua e là da Giorgia Meloni.
Ma, ancora più incomprensibile è constatare come il ganassa abbia ignorato che è il dettato della Carta a stabilire, in caso di crisi, che il Presidente della Repubblica abbia il dovere di ricercare possibili maggioranze alternative presenti in quel Parlamento che il Popolo sovrano ha legittimato con il voto.
Fatto sta che ricalcando un vecchio detto popolare si può affermare che questa volta il piffero della Brianza andò per suonare ma fu suonato.
Ora in conclusione, io non so se Parigi, Berlino e Bruxelles auspicassero davvero la caduta del governo gialloverde, però mi sembra che se davvero la auspicavano di certo Matteo Salvini si è comportato come il loro emissario impegnandosi molto per realizzarne il desiderio.