Il Movimento Internazionale dei sacerdoti sposati condivide un articolo di Marco Grieco inserito il 2 aprile 2023 in vanityfair.it:

«In Vaticano non c’è solo un piano B per i riti della Settimana Santa. La permanenza di papa Francesco al Policlinico Gemelli, durata 66 ore a causa di un’infezione respiratoria subito sedata, ha fatto ripartire il toto-nomi sul suo successore. Come spiega Massimo Franco sul Corriere della Sera, è iniziato il Conclave ombra che sceglierà il prossimo papa. Ma papa Francesco non sembra voler lasciare la guida della chiesa troppo presto: «Non si governa col ginocchio» ha confessato qualche mese fa, e ai gesuiti della Repubblica democratica del Congo, lo scorso febbraio ha spiegato: «Io credo che il ministero del papa sia ad vitam […]. Se invece stiamo a sentire il chiacchiericcio, beh allora bisognerebbe cambiare papa ogni sei mesi».

Eppure il chiacchiericcio continua Oltretevere. Ha anticipato il ricovero del papa la dichiarazione rilasciata al Corriere della Sera da monsignor Georg Gänswein, autore, insieme al giornalista Saverio Gaeta, del libro-confessione Nient’altro che la verità - La mia vita al fianco di Benedetto XVI. L’ex segretario particolare del papa tedesco ha, infatti, detto: «Credo non pochi cardinali avrebbero vissuto bene se Angelo Scola fosse stato Pontefice». L’arcivescovo emerito di Milano, oggi fuori dai giochi per sopraggiunto limite d’età, era tra i favoriti nel Conclave del 2013, come dimostrò la gaffe clamorosa dei vescovi italiani che, appena eletto Bergoglio, inviarono per errore un telegramma di felicitazioni per «l’elezione del cardinale Angelo Scola a successore di Pietro». Certamente dalla Costa Rica, dove monsignor Georg sarà spedito come nunzio apostolico, i malumori romani potrebbero calmarsi. Papa Francesco è insofferente al chiacchiericcio, come ha fatto intuire anche Gänswein: «Ogni mia frase su questo potrebbe essere interpretata come una manifestazione negativa nei confronti dell’attuale Pontefice. E come le ho detto, a Santa Marta c’è grande sensibilità».

Nella Curia, però, sono in molti a pensare che fra il chiacchiericcio e l’insofferenza ci sia una certa differenza. La pensava così George Pell, il cardinale australiano stretto collaboratore di Bergoglio, morto lo scorso gennaio per le complicazioni di un intervento chirurgico. Subito dopo la sua morte, il vaticanista Sandro Magister ha rivelato che era stato lui a scrivere un memorandum che criticava senza se e senza ma il pontificato di Francesco - «questo pontificato è un disastro sotto molti o più aspetti, una catastrofe» -, fatto circolare fra i cardinali in vista del prossimo Conclave. Il nome del cardinale australiano, stretto collaboratore del papa, mostra che anche i più vicini a Francesco possono cambiare idea o diventare forti critici, e c’è chi già comincia a preoccuparsi su come posizionarsi nel post-papa Francesco.

«Tutti quelli che hanno vissuto all’ombra del papa, stanno già pensando a chi potrebbe essere il prossimo» si sussurra all’ombra del Cupolone. La sfida è trovare la giusta equidistanza tra il pontefice in carica e il suo successore. Serpeggia lo scetticismo su un prossimo papa gesuita, i più critici non voteranno più un cardinale che proviene dalla Compagnia di Gesù. Ma non solo. Restano dubbi anche sulla sua provenienza. I cardinali creati in questo decennio da papa Francesco provengono da oltre 50 nazioni, ma tanti di loro si sono conosciuti la prima volta nel Concistoro dello scorso agosto, e questo aggiunge un elemento di imprevedibilità al prossimo conclave. È probabile che gli occhi saranno puntati alla «fine del mondo», ma sono in pochi a scommettere su un successore latinoamericano. Più di tutti, peserà un fattore: se Francesco sarà emerito oppure papa fino alla fine. Bergoglio non sembra intenzionato a seguire la strada di Benedetto XVI, visto che la carica di papa emerito non è stata ancora codificata. Però, se si dimettesse per ragioni di salute, la sua presenza nelle congregazioni pre-conclave potrebbe influenzare le cordate nel Sacro collegio.

Per la prima volta, in un Sacro collegio così globale non saranno decisive le correnti che fanno capo a un cardinale specifico: «Le cordate sono, piuttosto, le grandi domande» riferiscono fonti vaticane. Sarà un papa di continuità o di rottura? Extra-europeo o europeo? Di quale Europa? Solo alla fine di questo diagramma ad albero si farà strada uno spazio di probabilità con un nome. Il nuovo ordine internazionale dopo l’aggressione russa in Ucraina – assicurano – sarà motivo di scontro. La sede vacante si aprirà con la guerra ancora in corso oppure coi nuovi equilibri geopolitici? Nel corso del Novecento, la chiesa ha eletto papi in tempi di guerra, ma nel nuovo millennio alla guida della chiesa cattolica si richiede un leader capace di districarsi nei nuovi equilibri geopolitici: sarà un pacifista o appoggerà la real-politik? In questo senso, due nomi emergono: si tratta dei due cardinali italiani Pietro Parolin e Matteo Maria Zuppi. Segretario di stato vaticano, Parolin è il più diplomatico: «Chi si prepara a servire il papa nella diplomazia è chiamato ad assumere uno sguardo universale, a “respirare” – direi – al ritmo dell’universalità» confessò lui stesso nell’intervista rilasciata a Limes (Così la Chiesa pensa il mondo), una sorta di manifesto della diplomazia vaticana, che nel caso russo ha finora dato pochi frutti.

Più pacifista il secondo italiano “papabile”, don Matteo Zuppi. Simbolo della chiesa che unisce diplomazia ad accoglienza, nello spirito della Comunità di Sant’Egidio da cui proviene, l’arcivescovo di Bologna è la perfetta sintesi tra il prete di strada e il curiale che sa districarsi nelle stanze dei bottoni. Sebbene in passato abbia ammesso di essere stato un diplomatico per caso, è diventato il nome di punta della diplomazia silenziosa di Sant’Egidio dal 1992, quando riuscì a negoziare la pace in Mozambico. Con papa Francesco, la comunità battezzata «Onu di Trastevere» ha avuto un grande peso in Vaticano: non solo il suo fondatore, Andrea Riccardi, è un sodale del papa, ma da Sant’Egidio provengono sia il portavoce della sala stampa, Matteo Bruni, che il presidente della Pontificia accademia per la vita, monsignor Vincenzo Paglia. Ma invocare la pace – condizione auspicata da tutti, specialmente i cattolici – non è così semplice. In una recente intervista a Il Manifesto, l’arcivescovo di Bologna si domandava se la legittima difesa avesse un limite nel caso degli aiuti umanitari. Domanda che ha spinto Luis Badilla, direttore del sito Il Sismografo, sempre bene informato sul sentimenti nelle sacre stanze, a giustapporre le sue dichiarazioni con quanto riporta il Catechismo sul «diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità».

Le probabilità di un papa europeo non sono molte, con sedi cardinalizie nuove come Haiti, Capo Verde, Mali, Lussemburgo e Singapore. Ma non solo. La piaga della pedofilia ha investito negli ultimi anni tutta la chiesa europea: «È improbabile che il prossimo papa venga dalla Francia o dalla Spagna» assicurano, cioè in quelle nazioni dove lo scandalo degli abusi ha segnato la credibilità dell’autorità ecclesiastica in modo quasi irrimediabile. Un’incognita è il cardinale Reinhard Marx, l’arcivescovo vicino al papa e, allo stesso tempo, alla Germania più aperta ai cambiamenti, quelli che vogliono una chiesa cattolica aperta alle donne e ai credenti Lgbtqi+. Eppure, la sua candidatura risentirà del rapporto fra papa Francesco e la chiesa tedesca alla luce del sinodo avviato in Germania, aperto alle coppie Lgbtqi+ e propenso a rivedere il celibato fra sacerdoti. Parla di donne anche un altro nome che nel tempo si è fatto strada a livello europeo: si tratta del cardinale lussemburghese, Jean-Claude Hollerich, gesuita vicino a papa Francesco, e decisamente fautore di una chiesa più aperta. Nell’ultima intervista a La Stampa ha detto: «Purtroppo la chiesa non sempre accoglie bene le persone omosessuali: ancora troppo spesso le marginalizza. E questo mi fa male». E sulla benedizione alle coppie omosessuali, negata proprio dal Vaticano nel 2021, ha aggiunto: «Benedire una coppia gay? Benedire significa “dire bene” di qualcuno, e Dio non dice cose cattive. E poi, benedire una coppia omosessuale non vuol dire matrimonio sacramentale. E perché “maledire” una coppia gay che vive un amore vero?».

Nell’Europa occidentale le chiese si stanno svuotando, stando ai numeri della dispersione cattolica nel mondo riportati dall’Annuarium Statisticum Ecclesiae. L’emorragia di fedeli è comune a tutti gli stati europei, ma è più lenta nell’Europa orientale. Per questo, fra i “papabili” si fa strada il nome del primate d’Ungheria, il cardinale Péter Erdö. Poliglotta e conosciuto nel Sacro collegio, l’arcivescovo di Budapest gode della stima di molti cardinali africani, il Continente più vibrante, per il suo profilo ecumenico. La prossima partita si giocherà a fine aprile, quando il papa visiterà l’Ungheria: occhio a eventuali endorsement, come fece a suo tempo papa Paolo VI con il patriarca di Venezia, Albino Luciani.

Considerato uno dei più “papabili” subito dopo l’elezione di Bergoglio, il cardinale filippino Louis Antonio Tagle è gradualmente passato nelle retrovie. L’ex arcivescovo di Manila ed ex prefetto di Propaganda Fide, è anche il presidente uscente della Caritas Internationalis, la confederazione di tutte le Caritas del mondo che lo scorso novembre è stata commissariata a sorpresa da papa Francesco per «carenze relative alle procedure di gestione con effetti negativi anche sullo spirito di squadra e sul morale del personale». Il cardinale filippino è espressione di una chiesa asiatica in continua crescita con le Filippine che fanno da apripista, visto che circa l’80% dei suoi abitanti si dichiara cattolico. Sono anche queste le dinamiche che i cardinali dovranno considerare in caso di sede vacante. Ma, al di là di ragionamenti e toto-nomi, vale sempre la massima: "Chi entra papa, ne esce cardinale"».