La nuova data in cui il Parlamento britannico è chiamato ad esprimersi sulla Brexit è martedì 15 gennaio, dopo il rinvio voluto dal Governo.

Il premier britannico Theresa May, però, nel frattempo non è riuscita ad ottenere niente di concreto che potesse modificare il giudizio negativo, anche di una parte dei deputati di maggioranza, sul trattato con l'Ue da lei stipulato.

Per questo, la premier sta ripetendo che sarebbe illusorio pensare che il governo possa ancora negoziare un nuovo accordo con l'Unione europea, nel caso in cui l'attuale trattato venisse bocciato, con la speranza di convincere i contrari che una "hard Brexit" possa causare seri problemi al Paese.

Pertanto, ad una settimana dal voto, la situazione di incertezza su cosa accadrà in Gran Bretagna è totale. Ciò che è ormai dato per scontato, o quasi, è la bocciatura di ciò che la May aveva concordato con Bruxelles.

Dopo il voto, è possibile che la Gran Bretagna esca dall'Unione senza un accordo o che si ricorra ad un altro referendum per chiedere ai britannici se non sia invece meglio restare nell'Ue. Nessuna opzione è esclusa.

Ed incertezza vi è anche in relazione a quello che sarà il futuro del Governo che uscirà dal voto del 15 gennaio, nel caso di vittoria del no, molto indebolito, nonostante la promessa della premier di farsi da parte solo alla scadenza dell'attuale mandato.

Nel caso in cui la Brexit venga applicata, la Gran Bretagna lascerà ufficialmente l'Unione europea, di cui fa parte dal 1973, il 29 marzo, un'ora prima della mezzanotte.

Da non dimenticare, infine, che l'impatto di un'uscita dall'Europa, soprattutto senza un accordo, potrebbe essere pesantemente negativo per i 2,2 trilioni di sterline dell'economia britannica, anche in considerazione del fatto che molte aziende estere, in particolar modo le banche d'affari che operano a livello mondiale, potrebbero considerare dannoso mantenere la propria sede nel Regno Unito, decidendo di spostare sul continente (ad esempio a Francoforte) le loro operazioni europee.