Osserviamo che «stando all’abbondante materiale sinottico, Gesù ha certamente parlato anche come maestro di sapienza, collocandosi sulla linea degli antichi saggi d’Israele (gli hăkāmîm)»[1]. Per una ulteriore comprensione, «bisognerebbe distinguere da una parte i loghia (due gruppi: quelli sapienziali e quelli personali) e dall’altra i racconti delle parabole. I due blocchi sono diversi, almeno per la rispettiva ampiezza (più brevi  i primi, più organizzati a livello narrativo le seconde), sia pur sulla base dell’unico generale māšāl di origine»[2].

Diremo che «tra i loghia di vario tipo, nei quali si possono formalmente suddividere le parole di Gesù, quelli genericamente sapienziali costituiscono il gruppo più vistoso e caratteristico»[3]. Invece, «quelli etichettabili come ‘ammonizioni’ (con imperativo) sono stati rivolti ai discepoli»[4]. Precisando, dovremmo aggiungere ancora che «le parabole appartengono all’insegnamento tipico sia della tradizione giudaica (per quanto riguarda la loro abbondanza e ampiezza), sia della successiva tradizione protocristiana (dove questa tecnica manca del tutto)»[5]. A questo punto vale la pena riportare un pensiero di Sopoćko in merito all’insegnamento di Cristo:

«Ciò si nota nelle numerose parabole del Signore Gesù; nella parabola della dracma perduta, del grano di senape crescente, particolarmente nella parabola dei servi e dei talenti. Solo coloro che lavorano riceveranno il guadagno. Soltanto a coloro che, dopo avere ricevuto i talenti, sono andati ad impiegarli  e ne hanno guadagnati il doppio, il Salvatore celeste promette il Regno dei Cieli. Quanto di più ci avviciniamo al fine irraggiungibile, tanto più numerose troviamo in noi le mancanze. Per questo non dobbiamo scoraggiarci, ma sentirci stimolati ad appoggiarci al nostro Maestro, nel tentativo di uscirne. È dogma della fede che la grazia divina è necessaria per la salvezza; con le nostre proprie forze non siamo in grado di evitare i peccati veniali quotidiani. Perciò la fiducia nell’aiuto promesso dal Salvatore nostro è il migliore rimedio a tutti i dubbi, dovuti dallo stato d’imperfezione attuale delle nostre anime»[6]. 

Alla luce di questo testo, le parabole di Gesù possiedono sempre una dimensione educativa e spirituale. Esse trasmettono a noi, imperfetti ed incompleti, la fiducia, il coraggio e lo stimolo necessario per “guadagnarci” il dono della salvezza già preparato, ricordandoci che sulla terra non esiste nessuno stato di perfezione, ma soltanto l’aspirazione alla santità. Essa sulla terra però, non è niente di stabile, è uno stato dinamico, come disse il Salvatore: «da allora in poi viene annunziato il Regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi» (Lc 16,16). 

Secondo Sopoćko, al centro della predicazione di Gesù c’è sempre il tema della misericordia. Gesù, attraverso l’insegnamento “in parabole” e “in similitudini”, che esprimono ciò che è essenziale per la vita, chiama tutti ad “essere” e a “comportarsi” da misericordiosi: «come è misericordioso il Padre» (Lc 6,36), come il padre del figliol prodigo, fedele alla sua paternità, fedele a quell’amore misericordioso. Sono molti i passi dell’insegnamento di Gesù che rivelano l’importanza della misericordia sotto un aspetto sempre nuovo. Basterebbe avere davanti agli occhi il buon pastore, che va in cerca della pecorella smarrita, oppure la donna che spazza la casa in cerca della dracma perduta.  Il teologo polacco dice che proprio il Vangelo di Luca è “il Vangelo della misericordia”, il quale tratta questo tema peculiare nell’insegnamento di Gesù[7].

Gesù con il “racconto delle parole” avvicina tutti alla scoperta che Dio è Padre buono e misericordioso. «Ciò vale in primo luogo per la parabola del buon samaritano (cf. Lc 10,25-37) e del figliol prodigo (cf. Lc 15,11-32)»[8]. Le due parabole «si sono impresse nella memoria dell’umanità e sono diventate addirittura proverbiali»[9]. Nella prima parabola, ad esempio, Gesù presenta Dio che dal profondo del suo cuore si prende cura della miseria umana e diventa addirittura “il Buon Samaritano”.  I samaritani, però, erano disprezzati dagli ebrei come dei semipagani. Gesù utilizza questa parabola come esempio di misericordia concreta e immediata. Proprio un samaritano dice all’albergatore: «prenditi cura e al mio ritorno ti rimborserò» (Lc 10,25-37)[10]. Per il samaritano, il prossimo sofferente è anche kairós di misericordia, luogo di chiamata, appello alla conversione[11]. Tanto è vero che «Gesù racconta la parabola come risposta all’interrogativo: chi è dunque il mio prossimo? La sua risposta è chiara. Non è una qualche persona lontana, ma piuttosto colui per il quale tu diventi prossimo, colui che incontri concretamente e che in quella situazione ha bisogno del tuo aiuto»[12]. 

Notiamo che Gesù non ha predicato un amore dei lontani, ma un amore dei vicini e che avere misericordia è sentire la miseria altrui come se fosse la propria; non basta perciò rattristarsene, ma è necessario sollevare il misero dalla sua miseria[13]. Per poter esercitare efficacemente la misericordia, è necessario andare oltre le prime impressioni, fare un notevole sforzo per arrivare ad avvertire come nostro il male dell’altro e aiutarlo nella misura necessaria. Possiamo affermare che la vera misericordia si costituisce in noi al di là dei “buoni sentimenti”, e si sviluppa solo nel profondo della nostra volontà, a livello della carità e della giustizia.

Secondo la teologia della misericordia di Sopoćko, gli insegnamenti di Gesù nelle parabole e nelle similitudini servono a evidenziare, ad illustrare e ad interpretare bene che significato ha : «siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36). Solo in Gesù si può trovare il modello “dell’essere perfettamente misericordioso”. Effettivamente, in Lui è apparsa definitivamente la misericordia di Dio. Per questo, Gesù essendo “la misericordia in persona” concepisce fino in fondo le fragilità e le debolezze umane. Tanto è vero che Egli stesso, pur essendo senza peccato, fu sottoposto all’esperienza della tentazione come tutti gli uomini (cf. Eb 4,15). Gesù, “la manifestazione visibile della misericordia nel mondo”, si mette completamente a disposizione degli uomini. Egli, essendo il vero Dio e vero uomo, possiede il “cuore di carne” spalancato per l’umanità peccatrice. Infine, diremo che in Sopoćko le parabole e le similitudini sono come “gli strumenti efficaci dell’insegnamento veritiero” necessario per la vita buona del Vangelo, conoscibile anche al di fuori di una logica razionale. Esse presentano l’idea di Dio misericordioso non come chi giudica, ma come chi accoglie e salva pienamente[14]. 

Don Gregorio - prof. sac. Grzegorz Stanislaw Lydek

  

[1] R. Penna, I ritratti originali di Gesù il Cristo, vol. I, San Paolo, Roma 1996, p. 92. «Intendiamo questa terminologia applicata a Gesù nel senso di vedere in lui un vero hākām, “sapiente”, non un sôpher, “scriba” (questi due termini e i rispettivi concetti s’identificarono infatti a partire da Ben Sira)»: E. J. Schnabel, Law and Wisdom from Ben Siria to Paul, s.e., Tübingen, 1985, pp. 63-69: citato in ibidem, p. 92.
[2] R. Penna, I ritratti originali di Gesù il Cristo, vol. I, p. 92. Notiamo che «il sostantivo ebraico māšāl deriva dal verbo omonimo che significa parlare metaforicamente, paragonare, offrire un esempio»: citato in ibidem, p. 92. 
[3] R. Penna, I ritratti originali di Gesù il Cristo, vol. I, pp. 92-93.
[4] Ibidem, p. 93.
[5] Ibidem. 
[6] M. Sopoćko, Tutto è compiuto, AZSJM, Myślibórz 1942, p. 3.
[7] Cf. M. Sopoćko, Jezus Król Miłosierdzia, p. 106. Osserviamo che quando Sopoćko afferma: «Gesù fa della misericordia stessa uno dei principali temi», trova i riferimenti in diverse opere sul tema della misericordia, per esempio: P. Skarga, La predica sulla misericordia (1938); M. Meschler, La vita di Gesù, (1939); M. Kowalewski, Dizionario teologico (1959); J. Woroniecki, Il mistero della misericordia (1960);  E. Dąbrowski, Il Nuovo Testamento (1961).
[8] W. Kasper, Misericordia, p. 106.
[9] Ibidem.
[10] Ibidem, pp. 106-107.
[11] Cf. J. Guillet, Misericordia e sofferenza, in “Communio” 10(1981), pp. 24-33.
[12] W. Kasper, Misericordia, p. 107.
[13] «Misericors dicitur aliquis quasi habens miserum cor. (...) ex hoc sequitur quod operetur ad depellandam miseriam alterius, sicut miseriam propriam» : S.Th., 1, q.21, a.3.
[14] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. I, pp. 255-259: Miłosierdzie Boże. Studium teologiczno-praktyczne [La misericordia di Dio. Analisi teologico-pratico], in “Wiadomości Archidiecezjalne Wileńskie” 10(1936), pp. 12-16; Jezus Król Miłosierdzia, p. 106.