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Emergenza Coronavirus: cambiare gli uomini per cambiare la rotta

Chi mangia fa molliche, si dice. E, se ciò è vero, gli errori commessi dal Governo Conte nel ritardo della adozione di misure contenitive della diffusione del cornonavirus sono comprensibili e, forse, anche giustificabili; non sono comprensibili, e tantomeno giustificabili, però, gli errori successivi.

L’azione di governo continua ad essere caratterizzata dalla paura di sbagliare; ma la paura non controllata di sbagliare determina sbagli ancora maggiori. E tale paura, diffusa nella società italiana da esperti a senso unico e veicolata dalle testate giornalistiche stampate e televisive, sempre a senso unico, ha fatto scemare notevolmente il giudizio critico della popolazione, ormai in uno stato di suggestione e incapace, almeno al momento, di reagire. L’inadeguatezza, poi, nella gestione della emergenza sta facendo il resto. 

Esaminiamo alcuni punti salienti di tale inadeguatezza. Le disposizioni di legge o decreti o ordinanze di autorità pubbliche emessi nell’intento di affrontare l’emergenza conseguente all’epidemia provocata dal corona virus hanno chiaramente compresso, fino in qualche caso forse ad annullare, alcuni diritti fondamentali dell’uomo, recepiti dalla Costituzione, quali la libertà personale, di circolazione, di iniziativa economica, di religione e di culto. 

Vero è che tale limitazione, almeno a mezzo della legge, ma certamente no a mezzo di ordinanze e decreti, può essere ammissibile, purchè temporanea e diretta a contrastare l’emergenza (così, per esempio, ha insegnato nel 1980 la Corte Costituzionale in riferimento alla legislazione degli inizi degli anni ’80 per fronteggiare il terrorismo e l’eversione), ma è anche vero che le odierne misure adottate attengono a un ventaglio amplissimo di diritti fondamentali e, a volte, sono sproporzionate rispetto a ciò che si vuole contrastare (si vedano, per esempio, le disposizioni che hanno vietato ai morituri il conforto della presenza degli stretti congiunti o le esequie religiose anche in condizioni di sicurezza – all’aperto o alla sola presenza di parenti di primo e secondo grado, e così via-), tanto da fare dubitare della loro legittimità anche dal punto di vista sostanziale. 

Una miriade di disposizioni a livello centrale e a livello periferico, a volte in contrasto tra loro e emanante alla rinfusa, di non chiara comprensione anche per gli addetti ai lavori, ha creato confusione e difficoltà e uniformità di applicazione. 

Una illogica e ingiustificata disciplina restrittiva per l’intero territorio nazionale ha peggiorato la situazione finanziaria ed economica. 

Il Governo ha agito e sta agendo senza tenere conto delle notevoli differenze esistenti tra le regioni con riferimento alla presenza del virus. In pratica ha e sta curando come un pessimo medico che prescrive la stessa quantità di paracetamolo al paziente che accusa 40 gradi di febbre e al paziente che accusa 37,5, con la conseguenza che al primo la febbre scenderà, mentre il secondo rischierà di morire per collasso cardiocircolatorio. 

Il Meridione d’Italia fortunatamente ha assistito ed assiste a una diffusione del malefico virus in misura molto ridotta rispetto ad altre zone del Nord; misure restrittive più oculate, preservando la salute con le opportune cautele, permetterebbero un minore peso finanziario per lo Stato (che potrebbe limitare al massimo gli interventi finanziari in vaste aree regionali e riscuotere regolarmente da qui le tasse e le imposte) e potrebbero non fare deprimere in tutta Italia l’attività economica e lavorativa con giovamento dell'intera comunità. 

In ultima analisi, senza volere pensare al peggio, appare chiaro che l’azione governativa è stata ed è gravemente deficitaria e inadeguata alla situazione. Se non si vuole precipitare in una crisi irreversibile è necessario cambiare rotta. Ma cambiare rotta significa, soprattutto, cambiare gli uomini sulle cui gambe camminano i programmi e i progetti.

Nando Gambino

 

Autore federale
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