Prima che i vertici dell'azienda incontrassero Conte, la decisione di ArcelorMittal di recedere dall'accordo di affitto/acquisto degli impianti dell'ex Ilva, è stata valutata dalla Procura di Milano nell'atto depositato nell'ambito della causa civile in corso fra il gruppo franco-indiano e i commissari nominati dal Governo che si erano occupati della vendita.

Che cosa ha detto la Procura? Che "i manager esteri di ArcelorMittal sostenevano che per gli attuali livelli di produzione degli impianti, la qualità delle materie prime fosse troppo alta e che occorresse utilizzarne di qualità inferiore per abbattere i costi". ...

"Lucia Morselli ha dichiarato ufficialmente ai manager, in un incontro ai primi di novembre, che erano stati fermati gli ordini e cessate le vendite ai clienti". ...

"In più riunioni tenute da settembre ad oggi, sia il precedente amministratore delegato Mathieu Jehl, sia il nuovo amministratore delegato Lucia Morselli, hanno dichiarato che la società aveva esaurito la finanza dedicata all'operazione [di acquisto]".

Per la Procura "lo stato di crisi di ArcelorMittal Italia, essendovi pericolo di diminuzione delle garanzie patrimoniali per il risarcimento di eventuali danni, rende ancor più necessaria ed urgente una pronuncia giudiziale che imponga alle affittuarie dell'ex Ilva di astenersi dalla fermata degli impianti e di adempiere fedelmente e in buona fede alle obbligazioni assunte".

Inoltre, la Procura di Milano fa notare anche che "la vera causa della disdetta del contratto d'affitto dell'ex Ilva da parte di ArcelorMittal è riconducibile alla crisi di impresa dell'azienda franco-indiana ed alla conseguente volontà di disimpegno dell'imprenditore estero e non al venir meno del cosiddetto scudo ambientale".

 

Successivamente in serata si è svolto l'incontro tra governo, rappresentato dal premier Giuseppe Conte, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, e ArcelorMittal, rappresentata dai Lakshmi e Aditya Mittal e dall'ad di Arcelor Mittal Italia, Lucia Morselli.

Questo il comunicato rilasciato da Palazzo Chigi per commentare quanto è stato detto nella riunione.


"I signori Mittal si sono resi disponibili ad avviare immediatamente una interlocuzione volta a definire un percorso condiviso sul futuro delle attività dello stabilimento ex Ilva.

L'obiettivo è pervenire alla elaborazione di un nuovo piano industriale che contempli nuove soluzioni produttive con tecnologie ecologiche e che assicuri il massimo impegno nelle attività di risanamento ambientale.

È stata anche valutata la possibilità, in questo nuovo progetto, di un coinvolgimento pubblico in ragione dell'importante ruolo dell'Ilva nell'economia italiana.

Il Governo è disponibile a sostenere questo processo anche con misure sociali, ove mai necessarie, in accordo con le associazioni sindacali.

L'obiettivo è giungere presto a un accordo e a questo fine il Governo inviterà i commissari dell'Ilva ad acconsentire a una breve dilazione dei termini processuali e a un rinvio dell'udienza fissata per il prossimo 27 novembre dinanzi al Tribunale di Milano, alla sola condizione che ArcelorMittal assicuri di mantenere il normale funzionamento degli impianti e garantisca la continuità produttiva anche durante la fase negoziale.



Come si può commentare il risultato dell'incontro? Che il Governo cala le braghe nei confronti dei Mittal, un anno fa firmatari di un accordo che adesso dicono di non voler più rispettare. Il Governo, invece di costringere ArcelorMittal a mantenere gli impegni presi, finisce per cedere al ricatto dell'azienda franco-indiana, dicendosi disposto a concordare un nuovo piano industriale, ad una partecipazione nel capitale dello Stato, probabilmente tramite CDP, e ad una riduzione dell'attuale numero di dipendenti.

Quindi, d'ora in poi, qualunque azienda che abbia siglato un accordo con lo Stato, potrà decidere di recedere quando non lo ritenga più conveniente, in modo da ottenere migliori condizioni. In fondo, perché ad ArcelorMittal sì, e ad altri no?