Per capire il perché le trattative sulla Brexit non decollino può essere d'aiuto il sondaggio condotto dall'agenzia Reuters fra 123 società che operano in Gran Bretgagna nel settore finanziario che, in base a quanto dichiarato, sposterebbero all'estero circa 10mila posti di lavoro a causa della Brexit, se al Regno Unito venisse negato l'accesso al mercato unico europeo.

Quei posti di lavoro verebbero poi creati a Francoforte, come prima ipotesi, o come seconda ipotesi, anche se più remota, a Parigi.

Il sondaggio è stato condotto tra il 21 agosto e il 15 settembre, alcune settimane dopo il 14 luglio, data ultima richiesta dalla Banca d'Inghilterra perché le venissero comunicati i piani post Brexit dalle societa del settore finanziario che operano nel Regno Unito.

Entro marzo 2019, data in cui dovrebbe entrare in vigore la Brexit, un terzo delle società campione hanno detto che dovranno ristrutturarsi o spostare i loro dipendenti, un terzo deve decidere il da frasi, mentre la parte restante del campione non vede impatti.

La previsione relativa alla perdita iniziale di 10mila posti di lavoro non è così catastrofica, ma il problema è che quella riguarderebbe solo il primo periodo della Brexit. Con il passare del tempo il numero di posti persi potrebbe aumentare in maniera consistente, soprattutto nel settore bancario con gli impatti maggiori tra i dipendenti delle banche statunitensi (Bank of America sceglierà Dublino come hub europeo in caso i "hard Brexit") e britanniche.

Sarebbe minimo, se non irrilevante, l'impatto occupazionale per le banche spagnole, italiane e olandesi, mentre quelle giapponesi - come Nomura, Daiwa Securities e Sumitomo Mitsui - pensano invece di creare filiali a Francoforte.