Domande poste dagli studenti del Liceo scientifico di Santa Croce di Magliano nell’incontro dal titolo “Mafie e mafiosità” il 4 dicembre 2021. 

Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.  È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie va combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i sui lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche a livello europeo.


Professore da quanto tempo si occupa dello studio delle mafie e da dove nasce questo suo interesse?
Dall’incontro con Antonino Caponnetto avvenuto nel 1992. I miei temi di ricerca da allora a oggi hanno avuto sempre come interesse primario il diritto penale, i temi della corruzione, il riciclaggio e la criminalità organizzata. Ho fatto ricerca per molti anni, ho anche una conoscenza di quello che è il diritto penale europeo e la normativa europea e internazionale in materia di criminalità organizzata. 

Lei sostiene, assieme ad altri suoi illustri colleghi, che le mafie ancora oggi s’insinuino laddove manca lo Stato, è proprio convinto di questa sua teoria? Non è una teoria, è una prassi consolidata nel tempo. Dove lo Stato latita con le sue politiche economiche e sociali, le organizzazioni criminali di stampo mafioso s’infiltrano sostituendosi alle istituzioni pubbliche, producendo un apparente beneficio per la parte più debole della società civile.  È sempre stato così dai tempi del generale Dalla Chiesa il quale affermava con cognizione di causa che fino a quando una tessera di partito avrebbe contato più dello Stato, non si sarebbe mai riusciti a battere la mafia.

L’assenza di adeguate misure repressive in ambito europeo può essere considerato un fattore che ha contribuito all’espansione delle mafie a livello transnazionale? Assolutamente sì! La cosa gravissima è che ancor oggi l’Unione europea non abbia gli strumenti idonei a lottare le mafie moderne. In molti Paesi europei quando entrò in vigore il cd. scudo fiscale non fu applicato neanche l’obbligo di dichiarare la provenienza del denaro. Questo, di fatto, ha favorito le mafie poiché la maggior parte di questi soldi era di origine criminale. L’Unione europea, spero inconsapevolmente, ha ripulito capitali sporchi che, invece, andavano intercettati e confiscati.

Le nuove mafie assomigliano sempre più spesso a delle multinazionali, le risulta questo?In base ai miei studi questo mi risulta. Le nuove mafie hanno fiuto per gli affari e ora li fanno non più solo a livello nazionale ma sempre più spesso superano i confini ricercando i mercati più redditizi, le grandi opere, il traffico dei rifiuti e qualsiasi altro settore in cui ci sono affari lucrativi. In questo la mafia è cambiata non tanto come essenza quanto come pervasività. In passato ricercava a livello localistico mercati che poteva controllare, oggi lo fa al livello transnazionale e servendosi anche di menti sopraffine. Le nuove mafie sono camaleontiche si adattano all’istante alle nuove condizioni che si presentano.

Una mafia che si evolve di continuo?Sì. Una mafia che tra il piombo e il denaro oggi sceglie il secondo. È mercatistica, invisibile e usa la violenza solo come extrema ratio. È sempre presente nei mercati economici e finanziari ritenuti più redditizi.

La magistratura e le forze dell’ordine sconfiggeranno la mafia?Ho sempre pensato che le mafie non possono essere sconfitte solamente con la repressione. Oggi non sono solo un problema che coinvolge la giustizia, ma interessano anche l’economia, la politica, la cultura e la società civile.  Le mafie si possono sconfiggere solo con azioni mirate e sinergiche. Lottando la corruzione, l’evasione fiscale, la disoccupazione giovanile, favorendo la ricerca e lo studio, aiutando le imprese in crisi, adeguando la legislazione antimafia alle moderne metamorfosi delle organizzazioni criminali.

L’attuale pandemia ha agevolato le mafie?Certamente.  Le nuove mafie possono contare su un sistema di collusioni e contiguità composto non solo di imprenditori, ma anche di commercialisti, avvocati, magistrati, professionisti, che le sostengono, le agevolano, le consigliano e le usano anche per un proprio tornaconto. La crisi economica generata dal Covid-19 ha già offerto nuove opportunità alle mafie, che hanno necessità di riciclare le immense liquidità di cui dispongono. I settori a rischio sono quelli in cui le mafie si sono specializzate nelle passate emergenze, come le imprese multiservizi (mense, pulizie, disinfezione), l’intermediazione della manodopera, la filiera del ciclo dei rifiuti, le imprese di costruzione; ma anche quelli che appaiono particolarmente lucrosi, come la produzione e il commercio di dispositivi di protezione individuale, oltre che l’impresa del turismo, della ristorazione e alberghiera. Esiste un vero e proprio “welfare mafioso”, punto di riferimento economico e sociale per chi non riceve gli aiuti da parte dello Stato. Le mafie erogano la cassa integrazione laddove non arriva, s’inseriscono nelle future competizioni elettorali, concedono prestiti di denaro a titolari di attività commerciali di piccole e medie dimensioni. Per infiltrarsi nell’economia legale, utilizzano servizi illegali a prezzi molto competitivi. Le mafie agiscono offrendo agli imprenditori in crisi servizi molto convenienti per entrambe le parti. Di conseguenza finché non si rompe questa collusione tra interessi imprenditoriali e crimine organizzato, le mafie continueranno a fare affari non solo nei periodi di crisi.

Lei è stato interpellato come consulente più volte, ultimamente anche in Commissione Bilancio del Parlamento europeo, che consigli darebbe al suo Paese per combattere la mafia?Le nuove mafie hanno acquisito, in modo diretto o indiretto, la gestione e il controllo di attività economiche, politiche e finanziarie non usando più la violenza ma la corruzione acquisendo così posizioni di monopolio e di egemonia in determinati settori imprenditoriali, commerciali e finanziari anche a livello transnazionale. In un simile scenario nuove norme di diritto sostanziale e il coordinamento investigativo e giudiziario tra gli Stati, restano la principale arma di lotta a un fenomeno che riguarda le moderne metamorfosi mafiose. Senza la consapevolezza di queste trasformazioni e senza l’adeguamento legislativo alle stesse, la lotta alle mafie sarà combattuta con armi spuntate e nessun Paese, Italia compresa, potrà scalfire l’immenso potere delle mafie contemporanee.

Un’ultima domanda. Di cosa si sta occupando in questo momento?Di riciclaggio di denaro sporco in ambito internazionale. M’interessa capire come funzionano i nuovi meccanismi usati dalle mafie per ripulire il denaro in maniera quasi lecita.