Cronaca

Aral Gabriele E compreremo un altro esame all’Università… (Vorrei, ma non posto, J - Ax & Fedez). I parte

Episodi di ragazzi che fingono di frequentare l’Università, ma in realtà la disertano e non sanno come spiegarlo ai genitori, si sono registrati con una certa frequenza, in Italia, nell’ultimo ventennio, anche se le opinioni circa numero e motivazioni sono discordi. Può finire tutto senza tragedie, con una franca spiegazione in famiglia, certamente carica di recriminazioni e dolore, ma spesso si verificano suicidi, tentati e/o riusciti, fughe, morti misteriose, dove il giovane mentitore è vittima; oppure, omicidi a opera dei laureandi mancati, con obiettivo i familiari. Vediamo qualche stralcio dalla cronaca:

 “… Si tratta di cause complesse, non è possibile semplificare. In genere c’è un divario tra le aspettative che hanno i genitori, e che i ragazzi hanno fatto proprie, e le difficoltà negli studi che si possono incontrare e che non si riescono a risolvere da soli….”Repubblica Bologna, 9 aprile 2016, articolo di Ilaria Venturi


“… Non si contano più i casi di giovani che, dopo aver finto per anni di superare gli esami, pur di non ammettere l’insuccesso, inscenano persino le discussioni delle tesi con tanto di comparse e sale…Per noi psicoanalisti …il problema è sempre capire il livello del fenomeno: quanto è sostenuto da dinamiche inconsce che non arrivano per niente alla coscienza e quanto invece una parte almeno diventa cosciente e magari scatena un conflitto? Perché l’essere umano è così fatto che magari consciamente è angosciato e prevede la disfatta e invece inconsciamente è soddisfatto, perché sta “disfacendo” la realtà. Poi, nei casi migliori (cioè più curabili) c’è anche il senso di colpa (e appunto anche la vergogna) a tormentare l’individuo. In questi casi anche inconsciamente l’individuo non è riuscito, diciamo nel nostro lessico, a zittire il Super-io».
Antonio Alberto Semi, membro ordinario della Società psicoanalitica italiana, per Avvenire, 19 marzo 2017, articolo di Eugenio Giannetta


“…Silvana 50 anni, era preside della scuola media di Campomorone, un paesino della cintura nord di Genova. La donna è stata uccisa nel suo appartamento, nella periferia del capoluogo. Il figlio ieri pomeriggio ha confessato il delitto, in questura: «Ho ucciso mia madre perché non riuscivo più a reggere la situazione, per le menzogne che le avevo raccontato sulla mia laurea di oggi». Repubblica 23 ottobre 1999.


Per non parlare di uno dei casi di cronaca nera più agghiaccianti che si ricordino in Francia.

“Jean-Claude Romand. “ …subito dopo il conseguimento del baccalauréat, Romand si iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di Lione[1], dove fallì l'esame di ammissione al secondo anno[4][5]. Da quel momento in poi Romand inizierà a raccontare una serie di bugie ad amici e parenti, arrivando a far credere di essere un medico impiegato come ricercatore all'OMS e ottenendo denaro da prestiti richiesti per ragioni di lavoro o per curarsi da un millantato linfoma…” WIKI - …” Un personaggio che ha sempre vissuto un’altra vita, fingendosi un medico…mentre in realtà passava le sue giornate a girovagare nei dintorni di Prevessin, il paese in cui risiedeva con la famiglia. Ufficialmente lavorava presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, viaggiava spesso, partecipava a convegni internazionali, frequentava personaggi illustri. Un meccanismo perfetto idoneo a creare un altro uomo, un’altra vita…nel 1993 uccise moglie e figli, prima di aver tentato di suicidarsi ma invano…” Lottavo.it, di Giovanni Vittorio, 29 novembre 2019. 


Dopo questa breve e incompleta panoramica, entriamo nella vicenda – inerente questo specifico disagio - più clamorosa del terzo millennio, almeno per quanto riguarda il nostro paese. La storia, in un primo momento, passò quasi inosservata. Si era nei primi mesi del 2002 e tutta l’Italia discuteva ( e ancora per molto lo farà) sul delitto di Cogne, del gennaio precedente. Per questo forse la notizia del duplice omicidio di due stimati coniugi di Roma fece parlare relativamente poco. Per questi delitti è stato condannato il figlio dei due, Aral, a 28 anni di reclusione. Egli protesta la propria innocenza e ha ottenuto l’interesse di “Progetto innocenti”, che crede alla sua versione. Nonostante la televisione e i media abbiano riportato aggiornamenti periodici sul caso, noi abbiamo trovato, come al solito, sacche oscure mai approfondite.

Il 22 marzo di quell’anno, nell’ elegante abitazione romana in zona Villa Bonelli,  attico e superattico, furono rinvenuti i corpi di Gaspare Gabriele ed Maria Elena Figuccio, Elena per tutti, rispettivamente 66 e 64 anni. Lei, nata in un quartiere europeo di Casablanca, quando sposò il dottore commercialista Gaspare, aveva già in animo di dare ai figli nomi che le ricordassero l’infanzia in terra d’Africa. Nacquero così Laila e Aral, quest’ultimo venuto al mondo nel 1975. 

Mentre la primogenita percorre la strada prevista in un simile contesto, diventa avvocato e sposa un collega livornese con cui si trasferirà a Milano, Aral, a dir poco vezzeggiato e protetto dalla mamma, indugia un poco negli “ozi di Capua” garantiti in famiglia. Dopo il diploma si iscrive a giurisprudenza, e insegue ideali solidaristici: svolge servizio dai obiettore di coscienza e si occupa di ragazzi diversamente abili, mentre, fuori corso, è ufficialmente vicino alla laurea all’università di Camerino. E’ un ragazzo tondeggiante, con lunghi capelli neri, l’aria eterea, descritto come educatissimo, almeno formalmente, mai un tono di voce sopra le righe, appassionato di tennis che pratica presso un circolo.

E’ proprio il giovane a dare l’allarme la mattina di quel venerdì di inizio primavera, pressato, in realtà, dalla sorella, la quale stava tentando inutilmente di parlare al telefono con la mamma dal giorno prima. Abbiamo visto i filmati del sopralluogo degli inquirenti, guidati proprio da Aral, attraverso gli ambienti lindi e impeccabili di un’abitazione borghese, dove c’è un unico elemento stonato: i cadaveri dei genitori in camera da letto, impacchettati dentro sacchi neri della spazzatura, sigillati con nastro adesivo. L’autopsia darà come causa della morte il soffocamento, previo stato di semincoscienza dovuto all’assunzione di alcol e sonnifero. Entrambi sono nudi dalla cintola in su, a parte il reggiseno indossato da lei.

Saltiamo i lunghi discorsi in stile Leosini, sentiti in occasione delle puntate che la giornalista dedicò al caso, ben tre, a riprova dell’interesse della barocca Franca all’abietto delitto e alla figura del protagonista, e veniamo ai punti salienti.

Il superattico comprendeva camera da letto con bagno da una parte, per il solo Aral,  e lo studio di Gaspare dall’altra, indipendenti sia tra loro che dal sottostante attico, cui si perveniva mediante una scala a chiocciola. Papà Gabriele, oltre a esercitare l’attività di  commercialista, si occupava di compravendita di immobili, soprattutto in Sardegna, che reperiva nelle vendite all’asta. La moglie, dopo aver insegnato storia e  filosofia, aveva deciso di dedicarsi solamente alla famiglia.

Aral appare sconvolto nei primi interrogatori e la racconta così: la sua vita si svolgeva in modo autonomo, con la possibilità di entrare e uscire dalla sua zona notte utilizzando la porta esterna del pianerottolo, anche senza passare dall’appartamento dei suoi, che poteva dunque non incontrare per giorni interi. Il 20 marzo, mercoledì, cena con loro ( a tavola, minestrone); Elena assume del sonnifero Minias, come sua abitudine, e centellina quello che anche il figlio consuma, contandogli le gocce; i tre si danno la buonanotte e il ragazzo va a coricarsi. Infastidito dalle zanzare, opta per il divano dello studio paterno, dove riesce più o meno a dormire, appena disturbato dalla musica ad alto volume proveniente dalla strada. L’indomani si reca regolarmente a lavoro con la sua auto. Torna a casa, per riuscirne presto, a cena con gli amici; lascia un biglietto di avviso sul tavolo, incurante del silenzio in cui già l’abitazione è immersa, perché appunto le vite rispettive erano indipendenti. Al ritorno dimentica di caricare la sveglia e l’indomani, venerdì 22, purtroppo non si sveglia per tempo. Corre a lavoro e, in effetti, nota che l’auto paterna è ancora lì ma, a quel punto, la chiamata di Laila da la stura agli eventi successivi, col ritrovamento dei corpi e il resto.

Continua...

Autore carmengueyeny
Categoria Cronaca
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