Nel ricorso presentato dai commissari dell'ex Ilva al Tribunale di Milano, la cui la prima udienza è fissata per il 27 novembre, per opporsi alla volontà da parte di ArcelorMittal di recedere dall'accordo firmato appena un anno fa, è scritto che quanto dichiarato dal gruppo franco-indiano "nulla c'entra con le giustificazioni avanzate, che non pervengono neppure ad un livello di dignitosa sostenibilità: essa è invece semplicemente strumentale alla dolosa intenzione di forzare con violenza e minacce un riassetto dell'obbligo contrattuale precedentemente negoziato (...) che il gruppo (...) evidentemente non ritiene più rispondente ai propri interessi".
In pratica, i commissari sostengono che ArcelorMittal sta tentando di ricattare lo Stato per ottenere condizioni migliori e più vantaggiose rispetto a quelle accettate lo scorso ottobre, minacciando di spegnere gli altiforni e decretando di fatto la morte dell'acciaieria e un disastro occupazionale che, secondo alcuni, comprendendo l'indotto, potrebbe riguardare fino a 40mila lavoratori.
Ma questo non finirebbe per essere anche un danno per la stessa ArcelorMittal? No, perché sempre secondo quanto sostengono gli stessi commissari nel loro ricorso, nel frattempo l'azienda avrebbe dirottato commesse e materie prime dall'Italia ad altri suoi impianti presenti in Europa.
E nonostante il ricatto o la truffa se si preferisce, messo in atto da ArcelorMittal, "pare" che il premier Conte debba incontrare di nuovo la proprietà entro questa settimana e a tale scopo il governo starebbe preparando una proposta nel tentativo di trovare in extremis un accordo, offrendo lo scudo penale, un pacchetto di ammortizzatori sociali per oltre 2mila lavoratori, uno sconto sull'affitto e anche la possibilità di un ingresso di Cassa depositi e prestiti nell'azionariato.
Se così fosse, in pratica, per il governo sarebbe come calarsi le braghe, minando la propria credibilità in relazione ad accordi passati e futuri con altre aziende.
Ci sono altre vie? Sì, ma anche quelle, seppure per motivi diversi, finirebbero per mettere in imbarazzo il governo.
Si sta parlando principalmente della via giudiziaria, che però avrebbe come conseguenza la necessità di risolvere il problema che la fabbrica deve continuare a lavorare e per farlo serve che qualcuno la governi e soprattutto la finanzi. Quindi, diventerebbe necessaria la sua nazionalizzazione, probabilmente temporanea finché non venga trovato un altro acquirente. In ogni caso, si dovrebbe bandire una nuova gara, fare le assegnazioni... senza dimenticare un particolare di non poco conto... le bonifiche, che ArcelorMittal ha solo parzialmente avviato, tra l'altro usando i soldi recuperati dai Riva da parte dello Stato!
Nell'ottica nuovi acquirenti, in questi giorni il governo incontrerà i consulenti di Ernst&Young che hanno contribuito all'acquisto di British Steel da parte dei cinesi di Jingye, che però non possono essere considerati un acquirente credibile, viste le dimensioni dell'azienda ed il recente acquisto concluso in Gran Bretagna.
In serata, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto al Quirinale i segretari generali della CGIL, Maurizio Landini, della CISL, Annamaria Furlan, e della UIL, Carmelo Barbagallo, che hanno espresso al capo dello Stato le loro preoccupazioni non solo in relazione al caso dell'ex Ilva, ma anche per le altre 160 crisi industriali in atto.
Aggiornamento.
Questa la nota rilasciata a fine giornata da ArcelorMittal con cui l'azienda comunica di aver sospeso la decisione di spegnere gli altiforni.
A seguito della recente richiesta dei Commissari dell'Ilva al Tribunale di Milano volta all'ottenimento di provvedimenti provvisori relativi all'acciaieria di Taranto, AM InvestCo Italy prende atto e saluta con favore l’odierna decisione del Tribunale di non accogliere la richiesta di emettere un'ordinanza provvisoria senza prima aver sentito tutte le parti. L'udienza in Tribunale è fissata per il 27 novembre.
AM InvestCo seguirà l'invito del Tribunale a interrompere l'implementazione dell'ordinata e graduale sospensione delle operazioni in attesa della decisione del Tribunale. Tale processo è in linea con le migliori pratiche internazionali e non recherebbe alcun danno agli impianti e non comprometterebbe la loro futura operatività.