Nel question time al Senato dello scorso 11 aprile, il ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, tra le altre cose ha il punto sulla Strategia Nazionale per il nucleare sostenibile:

"A marzo – ha detto - si è conclusa la prima fase dei lavori della Piattaforma per il Nucleare Sostenibile, durante la quale si è proceduto ad una ricognizione della situazione nazionale e internazionale sul tema. Il suo contributo sarà contemplato anche nell’aggiornamento del PNIEC, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima. Nelle tre fasi successive - ha aggiunto Pichetto, rispondendo al senatore Pierantonio Zanettin - si procederà con l’elaborazione di una roadmap e la definizione di azioni con le relative risorse per incentivare la possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia attraverso le nuove tecnologie caratterizzate da elevati standard di sicurezza e sostenibilità".

Per il ministro, il nuovo nucleare sarebbe una "risorsa" per il contrasto ai cambiamenti climatici che il governo sta studiando e sta valutando, secondo quanto da lui affermato, stavolda intervenendo in videocollegamento al convegno "Il nucleare italiano nella sfida al cambiamento climatico" organizzato da iWeek presso l'Università di Pavia:

"La produzione di energia in Europa, per il 20% è effettuata tramite il nucleare", afferma Pichetto Fratin, "con 100 rettori attivi e altri in costruzione. In alcuni Paesi si arriva al 50%. Le politiche Ue sono state tutte improntate alla sostituzione, direi ideologica, degli idrocarburi con l'elettrico, che avvantaggia alcuni Paesi, innanzitutto la Francia, che dipendono molto meno nei prezzi dalle turbolenze geopolitiche". 

Ritorna, ogni tanto, la voglia del nucleare, in questo caso accompagnata dagli attributi "nuovo" e "sostenibile". Purtroppo non solo è un'ipotesi che contrasta con il referendum, ma sarebbe quasi impossibile metterla in pratica entro un ventennio, pertanto prima che i costi vengano ammortizzati quando irromperanno sulla scena le prime centrali a fusione. Inoltre, mi chiedo poi dove si vorrebbero fare le centrali... magari sul Sele? Sul po in piena pianura padana o tra Rimini e Riccione o Portofino o meglio ancora in Sardegna? Tra l'altro le guerre hanno insegnato che sono obiettivi strategici pericolosissimi se colpiti. 

Bisognerebbe invece intervenire sulle emissioni dolose e colpose. Che senso ha voler "nuclearizzare" l'Italia quando poi si tiene in vita l'Ilva o il polo petrolchimico? Senza parlare della volontà di voler costruire aeroporti ogni 50 Km, come a Salerno