Milton Friedman, autore nel 1962 del libro "Capitalismo e libertà", un classico del pensiero liberale del 900, scriveva che il "liberalismo economico" è la sola forma di teoria economica compatibile con la democrazia.
Infatti, la prima applicazione di questo liberalismo economico fu in Cile, con un dittatore che si chiamava Pinochet: privatizzazioni di imprese statali, riduzione dell'intervento pubblico nell'economia, distruzione delle organizzazioni dei lavoratori, eliminazione dei sostegni sociali alle famiglie povere, liberalizzazione dei movimenti delle merci e dei capitali, via libera alla speculazione finanziaria.

Poco dopo la fine della dittatura del generale cileno, la ricetta liberista cominciò ad essere applicata anche nel Belpaese. Era l'anno 1992, anno in cui per la prima volta dal dopoguerra il debito pubblico italiano superava il PIL. Era l'anno in cui per la Lira italiana (e per la Sterlina inglese) le speculazioni finanziarie decretarono l'uscita di queste monete dal Sistema Monetario Europeo. Il favoloso trio al comando della vita economica italiana erano: Carlo Azeglio Ciampi, governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, Direttore Generale del Tesoro, Giuliano Amato, Presidente del Consiglio.

 Il trio stilò l'agenda, con la consulenza dei soliti advisor e rappresentanti delle banche d’affari americane, per le dismissioni degli asset più importanti della Nazione: Credito Italiano, Comit, INA, la privatizzazione dei principali beni dello Stato italiano come la SIP, le autostrade, ENI, le Ferrovie dello Stato, le Poste e addirittura la Banca d’Italia. Tutto quello che allora era possibile venne privatizzato e svenduto alle banche.

Siamo nel giugno 2017 e di acqua sotto i ponti ne è passata parecchio. Nonostante il susseguirsi di privatizzazioni nel nostro Paese, dal 1992 ad oggi la situazione per l'Italia è solo di gran lunga peggiorata. Il debito pubblico è aumentato, i servizi che il cittadino riceve dalle aziende privatizzate sono più costosi e di qualità inferiore.

Siamo nel giugno 2017 e L'Ecofin di Lussemburgo chiede ancora al suddito italico di «provvedere a una tempestiva attuazione del programma di privatizzazioni e utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/Pil».

Siamo nel giugno 2017 e dopo sette anni di ubbidienza ai diktat della Troika, cioè privatizzazioni e austerity, dopo aver versato in questi anni sangue e lacrime, i greci si trovano nel baratro e senza via d'uscita.

Siamo nel giugno 2017 e in seguito alla Riunione dell'Eurogruppo sono stati approvati ulteriori "aiuti" alla Grecia per 8,5 miliardi a fronte di un nuovo pacchetto di misure di austerity: pensioni, mercato del lavoro e tutto quello che serve per peggiorare la sopravvivenza del cittadino greco. Però il governo ellenico dovrà impiegare i fondi ricevuti per ripagare i 6,5 miliardi di debiti verso la BCE e il Fondo Monetario. In pratica una partita di giro che giustificherà un'ulteriore inasprimento del tenore di vita del popolo greco.

E mentre l'ideologia delle privatizzazioni sembra essere il solo atto costitutivo dell' Unione Europea, "quella dei popoli, della fratellanza e della solidarietà", c'è chi, naturalmente, trova il proprio arricchimento economico acquistando quegli assets che devono essere dismessi dagli stati con "le pezze al culo".

E' notizia di qualche giorno fa, pubblicata dal Sole24ore, dal titolo "La Germania si compra tutti gli aeroporti greci alla vigilia dell'estate".

L'articolo apre così: "Sarà un caso ma ora tutti gli aeroporti maggiori della Grecia sono in mano a società della Germania, il creditore più severo con Atene a cui chiede austerità e privatizzazioni."

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-05-31/la-germania-si-compra-tutti-aeroporti-greci-vigilia-dell-estate-183552.shtml?uuid=AEUEXZWB

Quello che non è riuscito ad Hitler con i Panzer e gli Stuka sta riuscendo benissimo con la finanza al IV Reich.