"Solo nelle ultime 6 settimane", dichiara Medici Senza Frontiere in una nota pubblicata mercoledì 12 giugno, "un numero crescente di persone vulnerabili ha cercato di fuggire dalla Libia, con oltre 3.800 persone che sono salite a bordo di imbarcazioni insicure per tentare l'attraversata.Anche se l'UNHCR e altre organizzazioni come MSF hanno chiesto un'evacuazione umanitaria di rifugiati e i migranti dalla Libia dall'inizio del conflitto a Tripoli. La realtà è che per ciascuna persona che viene evacuata o trasferita nel 2018, più del doppio viene riportato forzatamente in Libia dalla Guardia costiera libica.I leader europei supportano questi respingimenti pur conoscendo benissimo il ciclo di sfruttamento, torture, violenza sessuale e detenzione arbitraria cui queste persone sono esposte in Libia".

Ieri, il Governo italiano ha approvato un decreto - chiamato sicurezza bis - che cerca ulteriormente di contrastare e scoraggiare, oltre che criminalizzare, l'attività di chiunque soccorra nel Mediterraneo dei migranti in difficoltà.

Oggi, Msf ci ricorda che "la criminalizzazione del salvataggio di vite in mare non solo porta conseguenze negative per le navi umanitarie, ma sta erodendo il principio fondamentale del prestare assistenza alle persone che si trovano in pericolo.

Le navi commerciali, e addirittura quelle militari, sono sempre più riluttanti nel soccorrere le persone in pericolo a causa dell'alto rischio di essere bloccate in mare e di vedersi negato lo sbarco in un porto sicuro. Per le navi mercantili che effettuano un salvataggio, in particolare, diventa estremamente complicato rimanere bloccati o essere costretti a dover riportare le persone in Libia, in contrasto con il diritto internazionale".


Ad un anno dalla politica titolata dei "porti chiusi", inoltre, "nel Mar Mediterraneo centrale, almeno 1.151 persone, uomini, donne e bambini vulnerabili, sono morte", oltre alle 10mila riportate forzatamente in Libia, esposte ad ulteriori ed inutili sofferenze.

Il decreto sicurezza bis, non è certo la risposta per risolvere quanto sta accadendo nel Mediterraneo dove le partenze dall'Africa proseguono, come così gli sbarchi e le morti in mare, soprattutto di coloro di cui non abbiamo neppure notizia.

Questo, invece è ciò che Msf e SOS Mediterranee, che ha firmato la nota di cui questo articolo parla, chiedono (da tempo) agli Stati membri dell'Unione europea:

garantire con urgenza un sistema di ricerca e soccorso in mare proattivo e adeguato, con delle autorità di coordinamento competenti e reattive nel Mar Mediterraneo, per evitare morti inutili;porre fine alle azioni punitive contro le ONG che provano a fornire assistenza e soccorso umanitario in mancanza di tale sistema d'intervento;mettere fine all'attuale supporto politico e logistico al sistema di respingimenti forzati di rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia, in una condizione di detenzione arbitraria e disumana;istituire sistemi di sbarco sostenibili, affidabili e prevedibili che offrano luoghi sicuri dove i sopravvissuti siano trattati umanamente, con servizi appropriati e dove si possa richiedere asilo.


La nota di Msf e SOS Mediterranee è stata pubblicata ad un anno di distanza dal 9 e 10 giugno 2018, quando la nave di ricerca e soccorso Aquarius, gestita in collaborazione dalle due Ong, trasse in salvo 230 persone, ricevendone altre 400 da navi della guardia costiera e della marina militare italiana.

Sebbene il salvataggio e il trasferimento di queste 630 persone fosse stato avviato e coordinato dal Centro nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo (IMRCC), le autorità italiane negarono all'Aquarius l'autorizzazione a sbarcare quelle persone in un porto sicuro in Italia, come previsto dal diritto internazionale marittimo.

Alla fine, l'11 giugno, il governo spagnolo intervenne offrendo all'Aquarius la possibilità di sbarcare a Valencia. L'Aquarius informò l'IMRCC che, date le condizioni di sovraffollamento tra l'equipaggio e per ragioni di sicurezza e salute, avrebbe potuto navigare in condizioni di sicurezza verso la Spagna solo con un massimo di 100 persone a bordo.

Il 12 giugno, dopo 48 ore di silenzio, e nonostante le preoccupazioni di Msf e SOS Mediterranee sull'impatto medico ed umanitario del viaggio in mare verso Valencia, le autorità italiane dettero istruzioni all'Aquarius di traferire le 524 persone su navi italiane e di partire con le restanti 106 persone salvate verso la Spagna, in un viaggio di circa 4 giorni.

Il 17 giugno, Aquarius e le navi della guardia costiera e della marina italiana sbarcarono tutte le 630 persone a Valencia.