Sui media occidentali (purtroppo inclusi quelli italiani) la vicenda che attualmente affligge il Caucaso sta passando pressoché sotto silenzio, sebbene i contorni della situazione abbiano già assunto sfumature decisamente tragiche.

Gli sfollati dell’ormai ex Repubblica dell’Artsakh sono stati di fatto costretti ad abbandonare le proprie case: si parla di un “nuovo genocidio armeno”, con riferimento ai fatti del 1915.

L’Unione Europea ha promesso dei fondi non particolarmente generosi per aiutare il governo di Erevan ad accogliere le famiglie di profughi. Nel Parlamento europeo una sessantina di deputati ha chiesto di imporre sanzioni all’Azerbaigian.

Il mese scorso la sindaca di Parigi Anne Hidalgo si era personalmente recata nel Karabakh e aveva denunciato la “violazione totale dei diritti umani” inflitta dagli azeri. Tuttavia Bruxelles si guarda bene dal sanzionare Baku.

Dopo aver inflitto sanzioni alla Russia che si sono ritorte sulla stessa economia del continente, oggi la UE semplicemente non può permettersi di tagliare ulteriori fonti di approvvigionamento energetico. Lo Stato azero rimane quindi un importante partner per la fornitura di gas ai Paesi europei.

Gli USA si erano mobilitati a loro volta, per cercare di inserirsi nell’evoluzione geopolitica della regione e guidarla a proprio favore. Avevano condotto esercitazioni militari congiunte con l’Armenia proprio nei giorni più acuti della crisi in Karabakh.

Il risultato per adesso non è buono per Erevan, che dovrà accollarsi decina di migliaia di profughi affamati e arrabbiati a fronte di qualche altro milione di dollari di aiuti americani. Ma le ingerenze euroatlantiche nei suoi affari, che l’hanno portata a deviare dalla tradizionale amicizia con Mosca, non le hanno portato alcun beneficio.